Articolo pubblicato in “Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce”
Lunedì, 4 agosto 2025

Anche il più incallito tra i non credenti guardando l’orrore che tutti i giorni si consuma a Gaza e considerando, per contrasto, la scena del Giubileo dei giovani che si è svolto a Tor Vergata non può più continuare a pensare che l’inferno e il paradiso non esistano o che siano solo chimere teologiche e suggestioni letterarie, sia pure di grande afflato poetico come quello che aleggia nella Divina Commedia di Dante. 

No! L’inferno e il paradiso esistono veramente e si materializzano non solo dopo la morte, ma durante la vita. Sono sotto gli occhi di tutti. Sì, sono proprio sotto i nostri occhi increduli. Si tratta di una realtà fattuale. Certo, i nostri occhi stentano a credere che sia tutto vero e non invece un sogno o un’allucinazione provocata dal sole cocente di questa estate infuocata. Ma la realtà è troppo lampante e fuga ogni possibile dubbio. Sono immagini vere di avvenimenti che non vengono “dall’altro mondo”, ma accadono proprio “in questo mondo”, nel nostro mondo, quasi a pochi passi dai luoghi in cui abitiamo. 

Da una parte c’è Gaza, ovvero la materializzazione dell’inferno! Le immagini scorrono come se si passassero in rassegna i gironi infernali. E così si può “ammirare” lo scenario apocalittico di città distrutte, di abitazioni ridotte in macerie, di scuole sventrare e perfino di ospedali cinicamente abbattuti quasi fossero bunker e non luoghi per fasciare le ferite. Coloro che hanno la vista lunga e hanno il coraggio (sì, bisogna avere tanto coraggio!) di non distogliere lo sguardo di fronte all’orrore, possono anche contare le molteplici ferite che straziano le articolazioni e i punti vitali di corpi martoriati, raggiunti da pallottole sparate da ordigni di soldati che sembrano giocare alla guerra come se fossero impegnati in una gara di tiro al bersaglio al luna park. 

Col tempo, i valenti tiratori scelti si abituano e il gioco si fa più appassionante e coinvolgente. Si può giocare da soli o in un gruppo di commilitoni: vincere è semplice, basta sparare e buttar giù più lattine possibili. E scoprire i fantastici premi in palio. Le vincite sono a portata di mano. È un divertimento assicurato a tutti. Chi butterà giù più bersagli otterrà il punteggio maggiore e sarà colui che vincerà la sfida. Che gaudio scoprire di essere un vero campione di questo sport disumano e infernale!

La trasformazione di questa crudele fiera dell’orrore in un parco giochi che consente di trastullarsi non con pistole ad aria compressa, ma con armi imbottite di vero piombo che penetra nella carne e strazia il corpo e l’anima sembra riservare a chi ha sotterrato, sotto le dune della sabbia, anche il più flebile senso di umanità, lasciando trasparire un sinistro fascino di indiscusso piacere luciferino. Solo che qui non si tratta di birilli o di lattine, ma di persone in carne ed ossa, di civili impauriti e indifesi, di donne e bambini inermi, molti dei quali hanno solo la colpa di essere nati in quel luogo e di dover subire indicibili angherie come se fossero vittime predestinate per consumare un nuovo e inaccettabile olocausto.

Chi non muore per le ferite provocate da un’arma da fuoco muore per fame. Non c’è altra scelta. Si muore o per una granata o per la mancanza di cibo. Anche perché a sbarrare la strada ad ogni possibile soluzione c’è la nuova “porta dell’inferno”, il ciclopico portone d’acciaio che non lascia neanche immaginare quante case dall’altra parte della muraglia stiano ancora in piedi, mentre da questa parte della barriera di cemento, alta come un palazzo, si possono ammirare prati e i fiori coltivati che sfidano l’aridità del deserto. A duecento passi dal confine egiziano e a pochi metri dalla Striscia, centinaia di camion da mesi attendono di poter consegnare gli aiuti “umanitari” che mai partono, mai attraversano la porta “maledetta”, e mai giungono in tempo ad alleviare la fame e la sete di chi muore sotto il sole cocente. 

E così, mentre a Gaza si consuma l’orrore di un’umanità dal volto maligno e satanico, senza che si intraveda una soluzione né nell’immediato e nemmeno del prossimo futuro, a Tor Vergata quasi un milione di persone, in gran parte giovani, hanno vissuto un’esperienza dal simbolico titolo di “Giubileo”. Questa parola significa gioia, desiderio di vivere in amicizia, aspirazione ardente alla giustizia e alla pace, brama di riconoscersi simili pur nella differenza di lingua, nazionalità e culture. Giubileo, propriamente, significa cantare senza pronunciare più alcuna parola. È il fascino del paradiso! La gioia che scaturisce spontanea per l’avverarsi del sogno di un mondo totalmente riconciliato! Non una chimera, ma una realtà empiricamente verificabile nel Giubileo dei giovani a Tor Vergata. 

Potrà mai accadere che la “striscia di Gaza” si trasformi nella “spianata” di Tor Vergata? Potremo mai coltivare la speranza che l’inferno di Gaza si trasfiguri nel paradiso di Tor Vergata? Non però il “paradiso trumpiano”, luccicante di luci fatue e di drink bevuti stando seduti su comode sdraio in riva al mare, ma il paradiso che si realizzerà quando gli uomini smetteranno di odiarsi, si riconosceranno fratelli e vivranno in giustizia e pace? La barbarie sembra più forte di ogni anelito paradisiaco perché non ristretta da limiti e regole. Il diritto internazionale e umanitario si è dissolto e con esso anche ogni sorta di umana pietà. I giovani di Tor Vergata, però, ci rassicurano che un mondo nuovo sta per nascere e tutti possiamo entrare nel nuovo Eden. La paura lascia così il posto alla speranza. Siamo, infatti, certi che «l’amicizia è la strada per la pace» (Leone XIV) e che Dio porta a compimento ciò che ha iniziato in Gesù Cristo. 

clic qui per l’articolo sul sito della Diocesi di Ugento – S. Maria di Leuca