Nel cuore dell’Anno Giubilare 2025, la Chiesa di Manfredonia–Vieste–San Giovanni Rotondo ha vissuto il suo Giubileo Diocesano, sabato 18 ottobre, scegliendo come luoghi simbolici Borgo Mezzanone e il Santuario dell’Incoronata. Una scelta dal forte valore pastorale e profetico: non una celebrazione nel centro della diocesi, ma un pellegrinaggio verso le periferie, là dove la vita è più fragile e la presenza della Chiesa si fa più necessaria. L’Arcivescovo padre Franco Moscone ha voluto che il cammino del popolo di Dio partisse proprio da Borgo Mezzanone, luogo di accoglienza e di fatiche quotidiane, per concludersi con la celebrazione eucaristica presso la Vergine Incoronata, simbolo di maternità e speranza.

Da ogni angolo del Gargano, accogliendo l’invito del Pastore, sacerdoti, consacrati e fedeli hanno raggiunto Borgo Mezzanone e l’Incoronata, sfidando il clima incerto e la fatica del viaggio. Un pellegrinaggio vero, segnato da volti, canti e preghiere, che ha reso visibile la bellezza di una Chiesa in cammino insieme.

A Borgo Mezzanone: la profezia che nasce dalle periferie

«Sono davvero contento – ha detto l’Arcivescovo – che questo pellegrinaggio diocesano parta da qui, e non da un luogo lontano. Abbiamo scelto di cominciare dalle periferie, perché è da qui che si può imparare a leggere il mondo, socialmente e globalmente, ma anche alla luce del Vangelo».

Padre Franco ha ricordato che Gesù stesso si è fatto straniero, diventando carne umana: «Il primo straniero è Lui, e per questo si identifica con gli ultimi e con chi vive ai margini». La scelta di celebrare il Giubileo “nelle periferie” è dunque un segno profetico, che «ci mette nella direzione del futuro secondo Dio, non di semplici programmi umani».

Il Vescovo ha invitato a superare il linguaggio dell’esclusione, abolendo parole come “straniero”, “clandestino”, “nemico”: «La terra – ricordava un giovane colombiano che conobbi – Dio l’ha fatta per tutti e di tutti». E ha aggiunto con forza: «Le nostre democrazie hanno ancora bisogno di imparare a usare bene le parole. Don Milani diceva che la rivoluzione comincia dal linguaggio. Non possiamo chiamare clandestini o illegali persone che lavorano e producono, quando ciò che producono entra legalmente nella nostra economia». Il suo invito si è concluso con un augurio e un impegno:

«Partendo da questa periferia, impariamo a costruire un’umanità più coesa, capace di vivere la globalizzazione non come “globalizzazione dello scarto”, ma come globalizzazione della solidarietà, nel riconoscimento reciproco dell’unica umanità di fratelli e sorelle, tutti e tutte».

All’Incoronata: fede, speranza e carità per una Chiesa credente, credibile e creduta

Nel Santuario dell’Incoronata, al termine del pellegrinaggio, l’Arcivescovo ha presieduto la celebrazione eucaristica.
La sua omelia, pronunciata nella festa di San Luca Evangelista, ha legato il gesto giubilare al cammino della missione e alla vita concreta della Chiesa locale.

«Oggi – ha detto – vogliamo rinnovare il gesto del Giubileo con tutto il cuore, nelle nostre relazioni e nella nostra identità di Chiesa. Mi piace pensare che questo nostro cammino, questo posto, sia stato, per un giorno, come la Roma della nostra diocesi. Questa Basilica, oggi, è il nostro santuario, il nostro piccolo “San Pietro”».

Richiamando l’evangelista Luca, ha sottolineato che «siamo chiamati a portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra, partendo dalle nostre periferie». E ha ricordato che nel Vangelo dell’invio dei settantadue discepoli «non dobbiamo fermarci a dire che gli operai sono pochi, ma riconoscere che la messe è abbondante».

«Anche nella nostra terra del Gargano – ha aggiunto – c’è una messe grandissima, che attende di ricevere o di riscoprire il Vangelo. Non abbiamo paura di essere in pochi: la forza non sta in noi, ma nella Parola che è Gesù stesso».

Da qui, l’invito finale a ripartire come operai del Vangelo, ricordando le parole di don Tonino Bello sulle virtù teologali: «La fede ci rende credenti, la speranza ci rende credibili, la carità ci rende creduti».

E ha concluso: «Partendo da qui, dopo aver rinnovato la nostra fede e condiviso la speranza, sentiamoci inviati a operare la carità. Perché è la carità la forza di Dio in noi e per noi, ed è la verità nel momento del giudizio. Fede, speranza e carità: siano questo il desiderio e l’impegno che oggi affidiamo alla Vergine Maria Incoronata per la nostra Chiesa di Manfredonia, Vieste e San Giovanni Rotondo, bella, viva e gioiosa».

*Foto di Leonardo Ciuffreda

 

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