Carissimi fratelli e sorelle,

è sempre motivo di gioia ritrovarci insieme, ma lo è ancor di più oggi perché siamo riuniti per celebrare una festa di fede e di gratitudine, che intreccia tre motivi di particolare letizia:

  • il Giorno del Signore, Pasqua della settimana, in cui la comunità si raduna e si riconosce famiglia convocata dalla Parola di Dio, che ci invita alla preghiera perseverante, come la vedova del Vangelo, e alla solidarietà fraterna, come Aronne e Cur che sostengono le braccia di Mosé ;
  • il 150 anniversario della fondazione dell’Istituto delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore;
  • e la 99esima Giornata Missionaria Mondiale, che ci ricorda la vocazione di ogni battezzato a portare nel mondo – come missionario – la speranza del Vangelo.

Iniziando questa mia riflessione desidero salutare con affetto don Giuseppe Laterza, Parroco di questa Comunità, don Gennaro Inglese e le nostre care suore, così come le autorità civili e militari presenti e l’intera comunità parrocchiale.

Se volessimo raccogliere tutto questo in un cammino di fede, potremmo farlo con tre verbi che diventano anche tre atteggiamenti del cuore: ricordare, ringraziare e ricominciare.

Sono i tre passi di un’unica preghiera che si innalza al Signore: come le mani alzate di Mosè sul monte; come le mani insistenti della vedova che chiede giustizia; come le mani operose delle nostre care suore, che ogni giorno si fanno dono e servizio.

  1. Ricordare

«Rimani saldo in ciò che hai imparato e credi fermamente» (2Tm 3,14), scrive san Paolo a Timoteo.

Ricordare – dal latino re-cordari, cioè “richiamare al cuore” – non è semplice nostalgia, quanto piuttosto il tenere viva la memoria della fedeltà di Dio.

Oggi, mentre ricordando i 150 anni dell’Istituto delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, la nostra memoria si volge anche della fondatrice della Congregazione, la Venerabile Madre Isabella de Rosis, nata a Rossano Calabro nel 1842 e morta a Napoli nel 1911.

La sua vita – segnata da prove, incomprensioni e fatiche – fu la testimonianza di una donna forte e luminosa, che seppe rispondere al male del suo tempo con il bene del Vangelo, irradiando la tenerezza del Cuore di Cristo.

Alle sue figlie era solita ripetere: «Preghiamo di cuore, Figlie mie, perché la divina volontà sia il nostro cibo, la nostra consolazione, la passione continua dell’anima nostra. Che Dio ci bastoni o ci consoli, pensiamo che è sempre il nostro amatissimo Padre, che non ci allontana da sé, neppure quando noi ci allontaniamo da lui» (Cf. P. Gianmaria da Spirano, Spiritualità riparatrice della Madre Isabella de Rosis, 1978, pag. 39)

Dal suo amore orante nacque, nel 1875, la Congregazione delle Suore Riparatrici del Sacro Cuore, una famiglia religiosa chiamata a riparare la gloria di Dio offuscata dal peccato e a ricambiare l’amore del Cuore di Gesù.

Da allora, quante mani hanno pregato, servito, insegnato, curato, asciugato lacrime!

Anche qui, a Marina di Ginosa, presenti dal 1997, le Suore hanno scritto una pagina viva di Vangelo: hanno custodito l’infanzia dei vostri figli, hanno accompagnato la vita della Parrocchia, hanno pregato con e per la comunità.

Ricordare, allora, è saper dire, come la Vergine Maria in visita alla parente Elisabetta: «Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente» (Lc 1,49).

È la capacità di riconoscere l’agire costante e fedele di Dio nella nostra storia personale e comunitaria.

  1. Ringraziare

Con il salmista abbiamo pregato ripetendo: «Il mio aiuto viene dal Signore» (Sal 120)

Ringraziare significa riconoscere che tutto viene da Lui: il dono della fede, la perseveranza delle Suore, la vita della nostra comunità, la comunione che ci unisce.

È il grazie di chi ha scoperto che Dio agisce nella storia attraverso semplici e fragili mani umane: mani che pregano, che curano e che amano.

La Giornata Missionaria Mondiale ci ricorda che la Chiesa non vive per sé stessa, ma per donarsi, e che ogni battezzato è chiamato a essere missionario, là dove vive.

E questo Vangelo incarnato noi lo contempliamo nella vita delle nostre Sorelle Riparatrici del Sacro Cuore che, lasciando la propria terra, si sono fatte per noi missionarie della quotidianità, dell’ascolto, della presenza e della cura.

Esse sono missionarie del “Cuore di Cristo”: laddove passano, lasciano una traccia di compassione e di tenerezza, di speranza e di fede semplice.

Come ci ricordava Papa Francesco nella sua Enciclica sul Cuore di Gesù, Dilexit nos, esse offrono al Signore «una nuova possibilità di diffondere in questo mondo le fiamme della sua ardente tenerezza. Se è vero che la riparazione implica il desiderio di risarcire gli oltraggi in qualsiasi modo recati all’Amore increato, per dimenticanza o per offesa, il modo più appropriato è che il nostro amore offra al Signore una possibilità di espandersi in cambio di quelle volte in cui è stato rifiutato o negato» (n. 200).

E tutto ciò si concretizza in atti concreti e quotidiani di amore fraterno.

La loro presenza, dunque, è per noi motivo di gratitudine profonda:

  • per la loro fedeltà discreta, la loro preghiera silenziosa, il servizio nascosto ma fecondo;
  • e per la comunità, che accogliendo il loro carisma, continua a essere terra di comunione e di speranza.
  1. Ricominciare

Gesù, nel Vangelo, ci pone una domanda che risuona come una provocazione: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).

Una fede come quella della vedova: perseverante, coraggiosa, fiduciosa; una fede che non si scoraggia dinanzi ai primi ostacoli o ai “no” della storia, ma insiste perché ama.

Questa domanda di Gesù ci invita a non vivere di rendita, a non rifugiarci nel “si è sempre fatto così”. Dopo 150 anni di storia, il modo più autentico per celebrare non è guardare al passato con nostalgia, ma ripartire con rinnovato slancio di fede e missione.

Ricominciare significa rinnovare la nostra fede, riaccendere la speranza, rimettere al centro l’amore per Dio e per i fratelli.

Papa Francesco ha scritto ancora: «L’amore per i fratelli non si fabbrica, non è il risultato di un nostro sforzo naturale, ma richiede una trasformazione del nostro cuore egoista. […] Per questo l’invito di San Paolo non era: “Sforzatevi di fare opere buone”, ma “Abbiate tra voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5)» (Francesco, Dilexit nos, 168).

Ricominciare, allora, è l’invito:

  • per una comunità che si sente ancora inviata,
  • e per una parrocchia che continua a sognare il Vangelo vissuto tra le case, nelle famiglie, tra i giovani e gli anziani.

E per voi, care sorelle, apostole del Sacro Cuore, ricominciare significa continuare a tenere le mani alzate nella preghiera e nel servizio, perché il Cuore di Gesù continui a battere anche nel cuore di questa terra, attraverso la vostra presenza e missione.

Nell’anno giubilare che stiamo vivendo, Papa Francesco ci invitava ad essere “pellegrini di speranza”: è questo il nostro cammino comune, ricominciare ogni giorno con mani che pregano e curano, per far vedere al mondo che Dio è ancora vicino e che il suo amore non si è stancato dell’umanità.

Carissimi fratelli e sorelle

oggi ricordiamo la fedeltà di Dio, ringraziamo per la missione che ci affida, e ricominciamo come popolo di credenti che vuole camminare insieme, nella speranza e nell’amore.

Le mani di Mosè, della vedova, di Madre Isabella e delle sue figlie ci insegnano che la forza della Chiesa nasce dal cuore che crede e dalle mani che amano.

Che il Signore ci conceda di vivere così: con mani alzate e cuori aperti, per essere anche noi, ogni giorno, riparatori di speranza.

E insieme possiamo dire, come Madre Isabella: «Cuore Santo di Gesù, sii amato da tutti e in tutto».

Amen.

 

+ Sabino Iannuzzi

clic qui per l’articolo sul sito diocesano