Omelia nella Messa per l’inizio del ministero di parroco di don Luca De Santis
parrocchia Natività, Ruffano, 13 settembre 2025.
Cari fratelli e sorelle,
l’avvicendamento della guida della comunità parrocchiale da don Nino a don Luca segna un evento significativo della vostra storia. Ringrazio mons. Beniamino Nuzzo, vicario generale, che in questo ultimo tempo in quando amministratore parrocchiale ha reso più facile il passaggio della responsabilità pastorale.
La complessità delle vicende storiche
La storia è sempre una realtà complessa. Non può essere considerata in modo semplicistico e superficiale. Porta dentro di sé aspetti differenti e, talvolta, anche contrastanti. Molteplici sono le sue sfumature, e non tutte sono riconducibili a una sola dimensione. C’è una varietà di tonalità e di gradazioni che non possono essere forzatamente ricondotte a una unità indistinta, confusa e indifferenziata.
La sua ricchezza si rivela nel vasto assortimento dei suoi numerosi punti di vista. Le differenti angolazioni da cui considerare gli avvenimenti gettano una luce prospettica che si squaderna in mille sfaccettature. È saggio lasciare che lo sguardo non si restringa a un solo aspetto, ma spazi lungo tutto l’orizzonte del patrimonio storico che ci viene consegnato dal susseguirsi dei tempi e delle stagioni. L’atteggiamento più convincente e più intelligente consiste nel cercare di comprendere la storia, non di giudicarla.
Lo stile inquisitorio, invece, spesso porta ad esaltare alcuni eventi e a sottovalutare altri ugualmente significativi. Se ci si accanisce in questa valutazione requisitoria e discriminatoria si finisce per distorcere la verità riducendola al proprio modo angusto e parziale di considerare le cose. È meglio lasciare il giudizio storico alla storia stessa. Essa sa come valutare quanto accaduto perché conserva al suo interno il bene che, nel corso del tempo, è stato seminato e che, in un particolare frangente, non appare in modo evidente.
In questa prospettiva, penso che nei confronti di don Nino dovremmo tutti esprimere due sentimenti: il ringraziamento e l’ammirazione. Innanzitutto l’ammirazione. Non possiamo, infatti, dimenticare che egli ha assunto la responsabilità pastorale di questa parrocchia in una situazione molto difficile, mentre era ancora in giovane età. Fin dall’inizio ha messo a disposizione di tutti il suo entusiasmo e la sua freschezza ministeriale alla ricerca sempre di novità e di originalità.
All’ammirazione, occorre aggiungere il ringraziamento per la durata del tempo del suo ministero pastorale. È cresciuto con voi e insieme a voi. Ha portato avanti iniziative di diverso genere, si è speso per tutti e per ciascuno. Ha condiviso gioie e speranze. Ha sofferto per le incomprensioni e, talvolta, per i giudizi poco lusinghieri. Ma non si è mai tirato indietro né si è mai adagiato sull’ovvietà. Ha continuato, nonostante tutto, a progettare, a immaginare, a innovare. Il Signore gli renda merito per tutto il suo lavoro pastorale.
L’immagine dell’edera
Mi rivolgo ora a te, caro don Luca, e, secondo lo stile e il modello della predicazione di Gesù, anch’io pongo la domanda: a che cosa possiamo paragonare il nuovo tempo della tua vita che sarà caratterizzato dal tuo ministero di parroco? Particolarmente illuminante mi sembra il paragone con l’edera, pianta rampicante per antonomasia, che cresce, si stringe e si avvolge attorno al palo o a una superficie solida.
A tal proposito, mi viene in mente una canzone cantata da Nilla Pizzi a Sanremo nel 1958, dal simbolico titolo “L’edera”. Le parole del ritornello esprimevano efficacemente il legame d’amore tra una donna e il suo uomo. Così ella cantava: «Son qui tra le tue braccia ancor / avvinta come l’edera / son qui respiro il tuo respiro / son l’edera legata al tuo cuor / sono folle di te e questa gioventù in un supremo anelito / voglio offrirti con l’anima senza nulla mai chiedere /. Così mi sentirai così avvinta come l’edera / perché in ogni mio respiro tu senta palpitare il mio cuor / finché luce d’amor sul mondo splenderà / finché m’è dato vivere / a te mi legherò / a te consacrerò la vita».
Potresti cantare anche tu queste parole per esprimere lo stretto legame della tua persona a Cristo. Sai bene che tutto si annoda attorno al mistero della sua croce. Se saprai guardare in profondità, scorgerai che vi è una sorta di simbiosi tra la tua azione pastorale e la croce di Gesù. L’immagine dell’edera suggerisce una serie di considerazioni di natura pastorale e spirituale già a partire dalla sua etimologia.
Il nome, infatti, risalirebbe al termine latino hadaéreo (aderire), e richiama la sua capacità di attaccarsi alla superficie di altri vegetali. In greco, l’edera è chiamata kissós, uno dei nomi con cui è noto Dioniso, dio del vino e dell’ebbrezza. La leggenda, infatti, narra che la pianta dell’edera comparve sulla terra alla sua nascita per proteggerlo con la sua vegetazione. A conferma di ciò, Dioniso è raffigurato con una corona di edera che cinge il suo capo. Per i popoli antichi questa pianta era simbolo della passione che spinge gli amanti a unirsi in un abbraccio eterno.
L’edera è una pianta lianosa, non è cioè in grado di reggersi da sola. Per questa ragione assume un portamento rampicante o strisciante. La sua tendenza è quella di spingersi verso l’alto, ma se non trova un adeguato sostegno striscia al suolo. Le sue radici avventizie servono per far attecchire la pianta al terreno e per aderire alle superfici. All’inizio, i fusti dell’edera hanno una consistenza erbacea, poi, col tempo, diventano semilegnosi. Da giovani, hanno una corteccia liscia e di colore verde scuro, invecchiando, invece, diventano scabri, con corteccia grigiastra. I fiori dell’edera si trovano riuniti all’apice dei rami fioriferi. Ogni infiorescenza è composta da circa una ventina di piccoli fiori, ricchi di nettare e polline, per questo vengono succhiati dalle api e da altri insetti impollinatori.
Il ministero di parroco come l’edera legata al palo della croce
Caro don Luca, trovi in queste caratteristiche dell’edera alcuni riferimenti allo stile pastorale che deve animare il tuo ministero di parroco. Innanzitutto, l’immagine rafforza in te la certezza che solo rimanendo unito strettamente e inscindibilmente a Cristo il tuo ministero potrà essere fecondo di frutti. Sii anche tu abbracciato a Cristo «avvinto come l’edera». È lui, infatti, a guidare la comunità. Lui è il vero ed unico pastore. Tu sei solo la sua controfigura. Eserciterai il tuo ministero in sua vece in quanto rappresentante autorizzato e fedele amministratore della sua grazia. Ma il gregge appartiene a lui. È la proprietà che egli si è acquistato con il suo sangue e ha redento con la sua morte e risurrezione. Tieni, dunque, bene a mente le parole dell’apostolo Pietro che esorta a pascere il popolo di Dio con semplicità, gratuità, umiltà e dedizione, facendoti modello della carità di Cristo nei riguardi di tutti e di ciascuno (cfr. 1Pt 5,2-3), con l’unica preoccupazione di fasciare le ferite delle persone più deboli e di andare alla ricerca di coloro che sono indifferenti o lontani dalla comunità cristiana (cfr. Lc 15,1-7).
Come la pianta dell’edera non ha consistenza e non si mantiene da sé ma ha bisogno di appoggiarsi a un sostegno più solido, così anche tu coltiva la chiara consapevolezza che il ministero che ti è affidato sovrasta le tue forze e le tue capacità umane. Certo dovrai mettere a frutto tutti i doni di intelligenza e le risorse spirituali di cui tu disponi. Non dimenticare, però, che il ministero è un dono gratuito di Dio e che nessuno è degno di quanto Cristo gli affida. Abbi dunque sempre presente il senso del limite e la necessità di essere sostenuto dalla sua grazia e dalla responsabile collaborazione di tutti i componenti della comunità. Valorizza i doni di tutti e mettili a servizio del bene comune nella Chiesa e nella società.
L’edera poi tende a innalzarsi, a salire e ad arrampicarsi puntando verso l’alto. Anche tu fa altrettanto. Conserva la memoria del cammino pastorale che la parrocchia ha già compiuto, individua i punti deboli del suo percorso, immagina vie nuove e concretamente perseguibili, sogna orizzonti vasti sui quali orientare lo sguardo di tutti. Non lasciarti irretire nei meandri di piccoli sentieri che assomigliano a inestricabili labirinti che non portano in nessun luogo, logorano le energie più vive e lasciano dietro di sé un terreno arido fatto di amarezze, delusioni, insoddisfazioni.
Come già detto, i frutti dell’edera contengono nettare e polline, due “prodotti” che sono alla base di connessioni con la natura e rendono possibile il mantenimento della biodiversità e la sicurezza alimentare. Il polline è la sostanza proteica che rende possibile la fecondazione tra le piante da fiore, oltre alla riproduzione e la crescita all’interno dell’alveare; il nettare è l’alimento che dà energia alle api ed è la base per la produzione del miele. Sia così anche la tua comunità. Regni in essa il discernimento comunitario per una visione condivisa, per una dolcezza e amabilità nelle relazioni, per una ricca propositività nella progettualità dei percorsi educativi e nelle iniziative pastorali. La parrocchia sia veramente la “fontana del villaggio” dove tutti possono venire ad attingere acqua, a ristorarsi e rifocillarsi e riprendere insieme il cammino con una nuova speranza e una rinnovata gioia. Rimani dunque «abbracciato all’edera […] finché luce d’amor sul mondo splenderà».
Con i miei e auguri e la mia benedizione.
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