Omelia nella Messa della festa patronale
Chiesa Madre, Monteroni, 12 ottobre 2024

Cari sacerdoti,
Illustrissime autorità civili e militari, 
cari fedeli, 
in questa festa patronale voi festeggiate la centralità di Cristo nella vostra vita personale, nella comunità ecclesiale e nella società civile. Si ricostruisce attorno a lui una nuova umanità di fedeli e di cittadini ed anche di tutti coloro che verranno da altri paesi per partecipare a questa festa. 

Il Crocifisso diventa un motivo per fare festa! Sembra un paradosso! È una festa perché la morte di Cristo non è solo il doloroso momento di commiato dalla vita, ma è l’ora dell’elevazione, dell’esaltazione e della manifestazione suprema dell’amore di Dio per gli uomini. Egli aveva detto: «Quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me» (Gv 12, 32). Il Crocifisso diventa così il polo di attrazione di tutti, credenti e non credenti, per ridare il vero fondamento alla fede e indicare il modello esemplare a cui ispirarsi nelle scelte personali e nelle relazioni interpersonali. Questa celebrazione sia per voi un’occasione per comprendere che Cristo crocifisso è un mistero, un evento e un simbolo.   

Mistero d’amore della Trinità 

Innanzitutto, è importante partire dal considerare il mistero di Cristo crocifisso. Il termine mistero non indica una realtà assurda e incomprensibile, ma un fatto storico, realmente accaduto, che contiene un significato salvifico che va oltre la nostra possibilità di comprenderlo. Mistero, in senso paolino, vuol dire la volontà salvifica di Dio, nascosta in lui dall’eternità e manifestata nel tempo nella vicenda pasquale di Cristo. La sua morte non accade in modo occasionale, ma è la realizzazione di un piano divino rivelatosi «nella pienezza del tempo» (Gal 4,4). È la definitiva manifestazione e la piena rivelazione dell’amore eterno di Dio! 

Richiamo tre frasi del Nuovo Testamento che ci aiutano a comprendere questa verità. La prima recita: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3, 16). Il Crocifisso è il dono d’amore del Padre, manifesta la sua eterna volontà di salvare il modo. La seconda frase è la seguente: «Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 12,1). Il Crocifisso è il segno concreto dell’amore del Figlio. Infine, la morte in croce di Cristo avviene nella forza d’amore dello Spirito Santo. Così si esprime la Lettera agli Ebrei: «Cristo si offrì con uno Spirito eterno» (Eb 9, 14). In definitiva, Cristo crocifisso è la manifestazione dell’amore della Trinità L’icona di A. Rublev esprime plasticamente questa verità di fede.

Segno della vostra fede

La vostra festa, però, è anche segno della fede vostra e dei vostri padri. La celebrate nella memoria della tragica sciagura che colpì il vostro paese con il colera del 1867. Con questa festa, voi non volete dimenticare quel particolare momento della vostra storia, ma desiderate conservarne intatta la memoria e tramandarla ai vostri figli. 

Le testimonianze storiche riportano i tragici eventi della morte di molti vostri compaesani fino a quando accadde il fatto decisivo. Così si legge in un documento: «Avvenne, dunque, che il 5 di ottobre 1867 che uno degli uomini, seguito da una folla di reietti, per un’improvvisa illuminazione dall’alto, un’improvvisa apertura dell’animo, uno squarcio del cuore, corsero alla Chiesa Matrice, fino all’altare del SS.mo Crocifisso. E qui, anche contro la volontà dei sacerdoti che temevano, saggiamente, un più grave diffondersi per questa via dell’odioso contagio, issato il santo simulacro, come un trofeo di vittoria, innanzi a sé, percorsero le vie del paese, piangendo e pregando. Supplicavano e piangevano tutti in quel corteo di disperati. Cadeva il crepuscolo ma schiariva nel cielo d’ottobre, un’altra luce. Fu la vittoria della fede! Fu il trionfo dell’amore del divin Crocifisso! E fu il prodigio».

La fede del popolo di Dio in Cristo crocifisso operò la guarigione dal colera. Per questo, nel 1876, il Crocifisso fu elevato a compatrono del vostro paese, insieme a sant’Antonio. A voi il compito di celebrare ogni anno questa festa con gioia come un momento decisivo della vostra storia ecclesiale e civile.

Simbolo di salvezza dell’umanità

Oltre che un mistero e un evento storico, il Crocifisso è anche un simbolo. Il serpente di bronzo elevato da Mosè al centro dell’accampamento rappresentò la salvezza dalla morte per tutti coloro che venivano morsi dai serpenti (cfr. Nm 21, 8-9; Gv 3, 14-16). Nel libro della Genesi il serpente era il simbolo dello spirito del male. Ma, per una sorprendente inversione, il serpente di bronzo issato nel deserto diventa una raffigurazione del Cristo, issato sulla croce. La croce contiene in sé il mistero della salvezza, perché nella croce l’amore viene innalzato al punto supremo nella storia del mondo: nella croce l’amore è sublimato e la croce è allo stesso tempo sublimata attraverso l’amore. E dall’altezza della croce l’amore discende a noi. 

Il serpente di bronzo è dunque il simbolo più eloquente dell’opera salvifica di Cristo che libera da tutti i dolori e le sofferenze del mondo. Nel Crocifisso, le sofferenze degli uomini sono accolte, sostenute e avvolte dall’amore di Dio. «Dalle sue piaghe siamo stati guariti» (cfr. Is 53,5; 1Pt 2,25). Pensate per un attimo a quanto sta accadendo in questi giorni a Gaza, in Libano, in Ucraina. Sofferenza, dolore e morte provocate dall’odio e dalla violenza. C’è un senso a questa immane tragedia? Sì, perché Dio raccoglie nel suo otre tutte le sofferenze del mondo (cfr. Sal 56, 9). Nessun dolore è invano e va perduto. Tutto viene raccolto e salvato dall’amore del Crocifisso. 

A questo punto voglio leggervi qualche frase della lettera testamento di Sammy Basso. È una testimonianza di altissimo valore spirituale. Così egli scrive: «Fin da bambino, come ben sapete, la Progeria ha segnato profondamente la mia vita […]. Non so il perché e il come me ne andrò da questo mondo, sicuramente in molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia. Non ascoltate! Non c’è mai stata nessuna battaglia da combattere, c’è solo stata una vita da abbracciare per com’era, con le sue difficoltà, ma pur sempre splendida, pur sempre fantastica, né premio, né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio […]. Perciò vi voglio parlare schiettamente del passo che io ho già compiuto e che tutti devono prima o poi compiere: la morte. Anche a solo dirne il nome, a vote, la pelle rabbrividisce. Eppure è una cosa naturale, la cosa più naturale al mondo. Se vogliamo usare un paradosso la morte è la cosa più naturale della vita. Eppure ci fa paura! È normale, non c’è niente di male, anche Gesù ha avuto paura. […]. Per un cristiano però la morte è anche altro! Da quando Gesù è morto sulla croce, come sacrificio per tutti i nostri peccati, la morte è l’unico modo per vivere realmente, è l’unico modo per tornare finalmente alla casa del Padre, è l’unico modo per vedere finalmente il suo volto. E da cristiano ho affrontato la morte. Non volevo morire, non ero pronto per morire, ma ero preparato […]. Se in vita sono stato degno, se avrò portato la mia croce così come mi era stato chiesto di fare, ora sono dal creatore. Ora sono dal Dio mio, dal Dio dei miei padri, nella sua casa indistruttibile […]. Non stancatevi mai, fratelli miei, di portare la croce che Dio ha assegnato ad ognuno, e non abbiate paura di farvi aiutare nel portarla, come Gesù è stato aiutato da Giuseppe di Arimatea. […]. Di sicuro, Dio, che è madre e padre, che nella persona di Gesù ha provato ogni umana debolezza, e che nello Spirito Santo vive sempre in noi, che siamo il suo tempio, apprezzerà i vostri sforzi e li terrà nel suo cuore […]. Famiglia mia, fratelli miei e amore mio, vi sono vicino e se mi è concesso, veglierò su di voi, vi voglio bene. PS: State tranquilli, tutto questo è solo sonno arretrato…».

Il suo funerale è stata una festa pasquale. Lo sia anche la vostra festa. Su uno striscione era scritta questa frase: «S(t)ammy vicino»! Anche voi dite al Crocifisso: «Signore, sii a noi vicino!» Amen.

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