Articolo in “Nuovo Quotidiano di Puglia – Lecce”
Domenica, 11 maggio 2025, pp. 1 e 8.
Come per i Papi del passato, anche per Leone XIV il nome scelto indica, in sintesi, il programma del suo pontificato. I punti salienti, espressi nel suo saluto dalla loggia delle benedizioni e nell’omelia della Messa nella Cappella Sistina, si possono sintetizzare nei seguenti tre orientamenti.
Il primo riafferma la centralità assoluta di Cristo, di fronte a cui ogni autorità anche quella del Papa deve «sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché lui sia conosciuto e glorificato (cfr. Gv 3,30), spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo». Da qui la necessità di annunciare nuovamente all’uomo del nostro tempo la sua «umanità santa che tutti possiamo imitare, insieme alla promessa di un destino eterno che invece supera ogni nostro limite e capacità».
Il secondo aspetto si riferisce alla necessità che i credenti in Cristo vivano in conformità ai suoi insegnamenti. La Chiesa, infatti è «arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo. E ciò non tanto grazie alla magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni – come i monumenti in cui ci troviamo –, quanto attraverso la santità dei suoi membri». Si richiederà, pertanto, di realizzare, senza strappi, le riforme proposte dal Concilio Vaticano II e ultimamente promosse da Papa Francesco.
Il terzo aspetto riguarda il rapporto con un mondo lacerato da guerre e dal rigurgito di visioni che tendono a polarizzare lo scontro. Affacciandosi alla loggia delle benedizioni, Leone XIV ha detto: «La pace sia con tutti voi fratelli e sorelle carissimi. Questo è il primo saluto del Cristo Risorto e anch’io vorrei che questo saluto di pace entrasse nel vostro cuore, raggiungesse le vostre famiglie, tutti i popoli. Dio ci ama tutti incondizionatamente. Ancora conserviamo nelle nostre orecchie quella voce debole di Papa Francesco, che benediva Roma e il mondo intero quella mattina di Pasqua. Consentitemi di dar seguito a quella benedizione, Dio ci ama tutti e il male non prevarrà. Senza paura, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti». Le grandi doti di mediazione, che tutti riconoscono a Papa Leone XIV, lo indicano come l’uomo capace di sbrogliare l’intricato groviglio della geopolitica contemporanea dominata dalla necessità di ritrovare le ragioni della pace, una pace disarmata e disarmante, sul presupposto di affrontare insieme la questione della povertà che affligge molta parte dell’umanità.
Questi auspici si riscontrano nei Papi che scelsero il nome di Leone. Tra di essi si annoverano alcuni santi e altri al centro di grandi e avvenimenti storici per la Chiesa e per il mondo. Di grande importanza furono il primo e l’ultimo Papa a portare lo stesso nome. Leone I (440–461), è uno dei soli due Papi, insieme a Gregorio I, ad essere chiamato “Magno”. È passato alla storia per aver fermato Attila alle porte di Roma nel 452, armato soprattutto della sua parola e del suo coraggio. Diplomatico sopraffino e teologo potente, scrisse lettere e omelie che ancora oggi sono patrimonio della dottrina cattolica. In una Chiesa travagliata da scontri dottrinali, intervenne con opere di notevole portata teologica. Nel Tomus ad Flavianum, scritto contro l’eresia di Eutiche, affermò la dottrina delle due nature umana e divina unite nell’unica persona del Verbo, tesi ribadita nel Concilio ecumenico di Calcedonia (451).
L’ultimo Papa a portare questo nome fu Leone XIII (1878–1903), il primo Pontefice a comprendere appieno le sfide della modernità. È passato alla storia per aver scritto 86 encicliche, un numero senza precedenti, che toccarono ogni aspetto della vita della Chiesa e della società: dalla filosofia scolastica alla missione della Chiesa negli Stati laici, dal ruolo del clero all’importanza della stampa, fino alla leggendaria Rerum Novarum (1891), nella quale parlò dei diritti dei lavoratori, di giustizia sociale e lotta allo sfruttamento, promuovendo salari equi, condizioni dignitose e la possibilità di creare sindacati. Parallelamente, condannò il socialismo e il capitalismo sfrenati, ponendo di fatto le basi per la moderna dottrina sociale cattolica.
Il suo fu un pontificato di svolta, in quanto fu il primo a non esercitare più il potere temporale. Si impegnò a superare l’isolamento della Santa Sede con un’intensa attività diplomatica e pastorale. Dopo decenni di chiusura e conflitto con i governi europei, seppe riallacciare contatti con Francia, Germania, Regno Unito e perfino con gli Stati Uniti, inaugurando una politica estera vaticana moderna. Pur mantenendo il “Non expedit” (che vietava ai cattolici italiani di partecipare alla vita politica), comprese l’urgenza di non isolarsi. Fu anche il primo Papa ad essere fotografato e registrato in un film. Morì a 93 anni, lasciando un’eredità colossale.
Va anche detto che Leone è il nome del più caro amico di san Francesco. Frate Leone, “pecorella del Signore”, era lo scriba, il confessore, l’amico intimo del poverello di Assisi. La loro amicizia è un modello di fraternità evangelica che si fonda sulla comune ricerca di Dio, sulla consolazione reciproca nella prova e sull’umiltà vissuta insieme. Come frate Leone ha conservato e trasmesso la memoria viva di Francesco, così il nuovo Papa potrebbe custodire l’anima della riforma, evitando derive ideologiche e mantenendo viva la visione evangelica di fraternità, sobrietà e pace. La sua elezione rappresenta un segnale di speranza e continuità per la Chiesa cattolica e, nello stesso tempo, un punto di riferimento per la pace, il dialogo e la giustizia sociale.
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