Omelia nella Messa per i novant’anni di don Giuseppe Martella
Basilica di Leuca, 17 luglio 2024.
Caro don Giuseppe,
è una gioia per te e per tutti noi celebrare questa liturgia e rendere grazie al Signore per i tuoi novant’anni. In ogni età bisogna saper scoprire la presenza e la benedizione del Signore senza mai farsi imprigionare dalla tristezza. Hai ricevuto il dono di una vita lunga. Vivere è bello anche alla tua età, nonostante qualche “acciacco” e qualche limitazione. Nel tuo volto ci sia sempre la gioia di sentirti amato da Dio.
A farti corona questa sera sono anche alcuni sacerdoti della nostra diocesi e i seminaristi, studenti di teologia. Vedendo come è composta questa assemblea, mi tornano alla mente le parole del profeta Zaccaria: «Così dice il Signore degli eserciti: Sono acceso di grande gelosia per Sion, un grande ardore m’infiamma per lei. Dice il Signore: Tornerò a Sion e dimorerò in Gerusalemme. Gerusalemme sarà chiamata Città della fedeltà e il monte del Signore degli eserciti Monte santo» (Zc 8, 2-3).
Il giuramento d’amore di Dio per Gerusalemme esprime la rinnovata dichiarazione d’amore di Cristo per la tua persona. La promessa che egli ti ha rivolto il giorno della tua ordinazione sacerdotale, rinnovata in tutti questi anni, è nuovamente espressa oggi con rinnovato vigore. Come a Gerusalemme, anche a te, il Signore conferma: «Sono acceso di grande gelosia, un grande ardore m’infiamma». Questo amore viscerale è all’origine della tua vocazione e del tuo ministero sacerdotale. Con l’ordinazione sacerdotale si rafforza l’itinerario vocazionale e la risposta d’amore al Signore si esprime attraverso l’esercizio dei vari compiti e ministeri che vengono affidati. La vita sacerdotale, come ogni autentica esistenza cristiana, è un succedersi di risposte a Dio che chiama. Le situazioni e le circostanze della vita invitano il sacerdote a confermare la sua scelta originaria, a rispondere sempre e di nuovo alla chiamata di Dio. Nel tempo, si valorizza sempre di più la dignità sacerdotale.
A questa risposta d’amore fa eco la seconda parte della profezia di Zaccaria: «Dice il Signore degli eserciti: “Vecchi e vecchie siederanno ancora nelle piazze di Gerusalemme, ognuno con il bastone in mano per la loro longevità. Le piazze della città formicoleranno di fanciulli e di fanciulle, che giocheranno sulle sue piazze» (Zc 8, 4-5). In questa liturgia si rinnova il miracolo dell’incontro e del dialogo tra le generazioni. Ai tuoi novant’anni fanno da corona gli anni giovanili di questi sacerdoti e seminaristi. Incontrando queste nuove generazioni, puoi suggerire loro quattro pilastri su cui ancorare la vita: i sogni, la memoria, la preghiera, ilvalore della fragilità.
I sogni, innanzitutto. Il profeta Gioele, infatti, afferma: «I giovani avranno visioni e gi anziani faranno sogni» (Gl 2, 17). Il futuro della nostra Chiesa diocesana, come di ogni altra Chiesa particolare, consiste nell’alleanza tra i sogni degli anziani e le visioni dei giovani. Sono necessari entrambi. Per crescere è necessario mettere radici e avere ali. Le radici servono per dare stabilità e ancoraggio al passato, le ali per proiettarsi con fantasia verso nuovi orizzonti. Nei sogni degli anziani risiede la possibilità che i giovani abbiano nuove visioni e possano immaginare il futuro.
I sogni sono intrecciati con la memoria. Ricordare è una vera e propria missione per ogni persona anziana. Per un sacerdote è importante comunicare quanto è accaduto, richiamare le persone che hanno avuto un ruolo decisivo nel cammino diocesano, rievocare gli eventi più significativi. È un compito e un dono che la persona può offrire ai più giovani. Questa memoria può aiutare a costruire una comunità ecclesiale più umana e più accogliente. La memoria è il fondamento su cui costruire il futuro. Senza di essa tutto si disperde. Sono rimasto meravigliato e ammirato quando, assecondando una mia richiesta, hai proposto con precisione e con numerosi dettagli i tuoi ricordi su don Tonino Bello.
Sogni e memoria devono trasformarsi in invocazione e preghiera. La preghiera è una risorsa preziosissima: è un polmone di cui la Chiesa e il mondo non possono privarsi. Soprattutto in questo tempo così difficile per l’umanità. Siamo tutti nella stessa barca, mentre attraversiamo il mare tempestoso del cambiamento d’epoca. Occorre la forza della preghiera per camminare con la serena fiducia di giungere a un approdo sicuro. Ti esorto, caro don Giuseppe a essere intercessore presso Dio, pregando con fede e con costanza. Prega per la Chiesa, per le vocazioni sacerdotali e religiose, per i bisogni del mondo, per i poveri, per la pace. La tua preghiera sia come un balsamo che lenisce le ferite e ridona la speranza.
Sarà proprio la preghiera ad aiutarti a vivere il magistero della fragilità. Anche quando è fragile, la vita non perde il suo valore e la sua dignità. In ogni tappa dell’esistenza, siamo voluti e amati da Dio. La vicinanza del Signore ti donerà la forza per continuare a dare il tuo esempio e a indicare a tutti la strada del sogno, della memoria e della preghiera.
Nel vangelo leggiamo le parole di Gesù all’apostolo Pietro: «Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi» (Gv 21, 18). Ogni tempo è un dono del Signore ed è certamente una grazia essere sostenuti e accompagnati dall’affetto degli altri! Nessuno può vivere da solo e senza aiuto. La presenza in questo santuario di una casa per anziani, amorevolmente custoditi dalla comunità delle suore Compassioniste, è un segno di straordinaria rilevanza.
Prega, dunque, caro don Giuseppe con il salmista: «Insegnami a contare i miei giorni / e giungerò alla sapienza del cuore» (Sal 90, 12). Da anziani si diventa depositari della sapienza del cuore che è anche sapienza tempo. Si diventa cioè persona che custodisce, come in uno scrigno, la capacità di vedere le cose con gli occhi di Dio e di valutare il significato e la bellezza della vita.
Con la sapienza del cuore si comprende che il tempo non è un lento e progressivo degradare, un lungo e inesorabile processo di decadimento. Misurata con la sapienza del cuore, la vita manifesta il progressivo camminare verso l’incontro con il Signore. Il tempo diventa così il tempio, il luogo della presenza di Dio, la casa dove Dio abita. È proprio nel tempo che Dio ha piantato la sua tenda per abitare in mezzo a noi.
Scrutando il tempo che fluisce, impara, caro don Giuseppe, a vedere il coraggioso avanzare verso la pienezza della vita, attestata in modo inequivocabile dall’incarnazione del Verbo. Alimenta dentro di te questa sapienza del cuore e del tempo. Nella sua fugacità, il tempo diventa la più grande risorsa per creare lo spazio dove far germogliare le virtù della perseveranza e della pazienza. Ripieno di questa sapienza, comprenderai ancora di più che il tempo ha il sapore e l’ampiezza dell’eternità.
Auguri vivissimi!
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