Articolo in “Nuovo Quotidiano di Puglia-Lecce”, giovedì, 2 ottobre 2025, pp. 1 e 27.

L’uccisione di Charlie Kirk ha suscitato un ampio dibattito, in America e in Italia, sulla sua persona, il suo messaggio, il significato e il valore della sua morte, la celebrazione del suo funerale. Occorre ricordare che Kirk non era un cattolico, ma un evangelico. Eppure, nelle ore successive alla morte dell’attivista, le caselle email della Conferenza episcopale statunitense sono state inondate da richieste di una parola, una frase di condanna o di esaltazione della vittima. La Chiesa americana è sembrata divisa sul nome di Charlie Kirk. C’è stato chi, come il cardinale di New York, Timothy Dolan, l’ha paragonato addirittura a san Paolo. Parlando in TV il cardinale ha detto che Kirk «era un missionario, un evangelizzatore, un eroe». Inoltre ha aggiunto: «È quello che io penso intendesse Gesù quando disse “la verità vi renderà liberi”». Altri vescovi, invece, hanno messo in evidenza che si è trattato di un fatto violento e che la violenza va sempre condannata, ma non hanno fatto riferimento a motivazioni di fede, qualificando la sua morte come martirio o richiamando la libertà d’espressione o la necessità di dire la verità. Per questo il gesuita Sam Sawyer, su America Magazine si è chiesto: «Chi fa di Charlie Kirk un santo sta servendo Dio o Cesare?».

Il dibattito americano ha avuto una sua eco anche in Italia. «Quale sarà il Dio degli americani?» si è domandato Michele Serra su “La Repubblica”. Conseguentemente ha chiesto a Leone XIV di pronunciarsi circa «l’impressionante torsione della fede cristiana in chiave nazionalista e reazionaria che sta sconvolgendo lo scenario culturale e politico nel suo Paese. Una miriade di chiese e chiesuole protestanti, ma anche una parte importante del clero cattolico conservatore, sono al fianco di Trump nel nome del ripristino dei “valori tradizionali”». In altri termini, a Michele Serra sembra che non interessi per nulla l’uccisione di una persona in un modo così violento e brutale. Chiede solo al Papa di intervenire e di stigmatizzare la deriva antievangelica del cattolicesimo che sembrerebbe diffondersi in America.

E lo fa naturalmente da laico, dal momento che confessa candidamente: «Sono cristiano per nascita e, in parte, per educazione, non per fede. Non mi sento dunque eccessivamente coinvolto. Però mi domando quanto tempo dovrà passare perché prima di tutto in America i cristiani che hanno letto il Vangelo facciano presente ai cristiani che amano Kirk, e votano Trump, che sarebbe ora di leggerlo, il Vangelo».

Insomma, lui personalmente non si sente coinvolto in questioni di fede e di Vangelo. Ritiene, però, di avere il dovere di richiamare i cristiani a leggere il Vangelo, anche se a lui ciò che vi è scritto non interessa. Per lui, il Vangelo non è un Parola divina che dovrebbe interpellare la sua coscienza di uomo, sia pure laico. Le pagine evangeliche contengono parole di verità valide solo per i cristiani, non per i laici. Lui rimane laico e, da laico, si fa giudice dei cristiani ai quali chiede di leggere il Vangelo. Gli interessa solo brandire il Vangelo, in cui lui non crede, in chiave politica per sconfessare il movimento Maga. 

Da molto tempo assistiamo in Italia a laici, come Michele Serra, che, in nome del Vangelo, si fanno giudici dei cristiani per la loro poca fedeltà al Vangelo. Si presentano in quanto laici come i veri interpreti delle parole evangeliche, come faceva il capostipite dei laici doc Eugenio Scalfari, non per nulla fondatore de “La Repubblica”. Pensano di essere gli esegeti esperti della Parola di Dio che essi annunciano in modo laico sempre e solo con un fine politico: condannare laicamente in nome del Vangelo, a cui non credono, quelli che la pensano diversamente da loro.

Ma perché invece di riferirsi al Vangelo non parlano in nome della ragione dal momento che non sono credenti? Forse perché non hanno argomenti razionali? Non si accorgono di utilizzare, a proprio uso e consumo e per un puro scopo politico, un Vangelo a cui essi non danno alcun credito se non per la tradizione culturale in cui sono nati e, in parte, sono stati educati? Perché, ad esempio, non ricordano mai che la Costituzione Italiana (quella “più bella del mondo”) è intrisa di Vangelo? La Costituzione, infatti, definisce la famiglia come una società naturale fondata sul matrimonio (articolo 29). Afferma inoltre che il diritto a educare e istruire i figli spetta solo ai genitori (articolo 30) e che la Repubblica ha il dovere di agevolare i genitori nel loro libero compito educativo (articolo 31) e che la Chiesa è sovrana (articolo 7) e così via.

No! Quando si toccano questi temi il cristiano non può parlare, non può più riferirsi al Vangelo e nemmeno alla retta ragione. Dopo la rivoluzione francese è assolutamente vietato fare riferimento al pensiero e all’esperienza cristiana nella discussione pubblica. Per poter essere ammesso al dialogo e al confronto, il cristiano deve essere sottoposto al vaglio della ragione laica. In caso contrario, viene tacciato di essere un dogmatico e un fondamentalista che vuole imporre agli altri le sue convinzioni religiose anche quando egli utilizza argomenti razionali e non di fede.

Insomma, un cristiano, in quanto cristiano, non ha diritto di parola. Può essere ammesso al dibattito pubblico solo dopo aver lavato e purificato il suo presunto dogmatismo nelle salubri acque della ragione laica e agnostica. Per i laici, come Michele Serra, il Vangelo vale solo per stigmatizzare i cristiani circa le loro reali o supposte infedeltà al Vangelo, non quando devono proporre (non imporre!) la loro visione che naturalmente trae ispirazione dal Vangelo. Allora il Vangelo è vietato, e diventa solo un libro per regolare la coscienza privata, senza alcun valore nella discussione pubblica.

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