Nel giorno in cui la Chiesa fa memoria dei fedeli defunti, l’arcivescovo, padre Franco Moscone, ha presieduto la Santa Messa al cimitero di Manfredonia, invitando tutti a vivere questo luogo come spazio di fede, comunione e speranza nel Signore Risorto.
Di seguito, l’omelia pronunciata durante la celebrazione.
“(…) La Chiesa, come istituzione e come comunità, nasce nei cimiteri, non nelle grandi basiliche o cattedrali. I primi cristiani si radunavano lì: per pregare, per celebrare l’Eucaristia, per ascoltare e meditare la Parola, per raccogliere beni da donare ai poveri. Erano gli stessi luoghi dove deponevano i loro defunti. Pensiamo alle catacombe: non un rifugio per difendersi, ma un luogo di fede. Lì i cristiani si sapevano in piena comunione tra chi già era passato oltre e chi ancora camminava su questa terra: tutti guidati dallo stesso Spirito del Risorto, in cammino verso la medesima meta, il compimento del progetto di salvezza di Dio per tutti.
Da quei luoghi sono poi sorte le prime chiese, le basiliche. Per questo possiamo dire che il cimitero è il luogo più santo e più originario della nostra città: perché racconta l’origine della nostra fede e ci riconosce come unica famiglia di Dio.
Anticamente non si parlava di cimitero, che richiama la fine della corporeità, ma di campo santo: un luogo che apre al cielo, che indica la santità di Dio. Le letture ascoltate ci invitano proprio a dare senso alla nostra fede. Il profeta Isaia ci annuncia: «Dio eliminerà la morte per sempre».
Se varcando la porta del cimitero, qualsiasi essa sia, ricordassimo queste parole, ogni ingresso e ogni uscita diventerebbero un atto di fede e di comunione con i nostri cari, con chi ci ha donato la vita e la fede. Dirlo qui, davanti alle tombe, è un atto di fede autentico e profondo: alimenta il dono della fede che noi non ci siamo dati da soli.
In questi giorni, ma in qualunque momento dell’anno, visitando i nostri defunti, siamo chiamati a innaffiare il seme della fede per farlo crescere fino a una spiga matura.
San Paolo, nella lettera ai Romani (capitolo 8), aggiunge qualcosa di straordinario: la vittoria di Dio sulla morte riguarda non solo l’essere umano, ma l’intera creazione, che soffre come nelle doglie del parto, in attesa della rivelazione dei figli di Dio. Ogni gesto di morte contro il creato è un gesto di morte contro Dio e contro l’umanità. Quando la creazione è ferita, l’uomo tradisce se stesso e il progetto pensato da Dio: noi siamo primizia della vita nuova, al servizio della salvezza di tutto ciò che esiste. La creazione è la nostra casa e, potremmo dire, nostra sorella maggiore: attraverso di essa riceviamo il dono della vita.
Attraversare la porta del cimitero ci ricorda quindi anche la nostra vocazione a custodire le relazioni, tra noi e con tutta la creazione, nella storia.
Infine, nel capitolo 25 del Vangelo di Matteo, abbiamo ascoltato il “discorso sul compimento”. Fine non significa solo termine, ma piena realizzazione del progetto di Dio, e il giudizio sarà ciò che permetterà questo compimento. Le bilance di Dio sono originali: sulla bilancia del giudizio trovano posto solo il bene compiuto, l’amore vissuto, la carità donata, la vita offerta. Non il male, non ciò che divide. Dio pesa soltanto ciò che è amore.
Per questo la nostra vita deve essere un continuo donarsi, soprattutto a chi è nel bisogno: perché ogni volto ferito è immagine viva di Dio. Il Signore ci dice: “Vuoi vedere me? Guarda chi soffre. Vuoi incontrare me? Incontra la carne dei fratelli e delle sorelle abbandonate”. È questo che alla fine farà dire al Signore: “Vieni con me, entra nel Regno della vita: la tua vita è stata amore e dono”.
Entrare in un cimitero significa allora compiere tre atti di fede:
• credere nel Dio che elimina per sempre la morte;
• custodire le relazioni con l’umanità e con la creazione;
• vivere donando, come un seme che muore per far germogliare amore.
Così il ricordare e onorare i nostri defunti diventa un atto di vita, una comunione che non ci lascia mai soli e che ci riempie di speranza, anche quando il dolore sembra offuscare il cammino. Il Signore ci accompagni e ci sostenga. Il nostro pregare guardi al futuro dell’amore di Dio: un giudizio non di condanna ma di misericordia, che salva e che giustifica.”
+ padre Franco Moscone

Foto di Leonardo Ciuffreda







