“Siamo davanti a Te, Spirito Santo, mentre ci riuniamo nel Tuo nome. Con Te solo a guidarci, vieni e prendi casa nei nostri cuori; insegnaci la via da seguire e come dobbiamo percorrerla”.

 

 

 

 

E lo Spirito l’altra sera ha abitato l’antica chiesa di Sant’Irene collocando il popolo di Dio tra la memoria e la profezia. Era popolo di Dio l’assemblea dei fratelli che ha accolto l’invito a radunarsi per riflettere, confrontarsi aprire nuove strade per comunicare il vangelo agli uomini e alle donne del nostro tempo che assume i toni del cambiamento di epoca.

Era memoria il guardare ai frutti delle due fasi precedenti, quella narrativa e quella sapienziale, del cammino sinodale. Era, al contempo, memoriale, e non solo vacuo ricordo, il rendere presente i tratti di strada percorsi nei secoli, ma soprattutto negli anni del post Concilio Vaticano II, dalla Chiesa di Lecce, in particolare nel Sinodo diocesano degli inizi del terzo millennio. Perché quello che la Chiesa di Lecce è oggi è frutto della docilità all’azione dello Spirito di tanti, pastori e laici, che negli anni hanno scritto quella storia di cui oggi noi, e in particolare l’assemblea sinodale di ieri sera, siamo depositari e dalla quale siamo chiamati a generare nuova vita.

Era memoriale, e non solo ammirazione estetica, guardare ai templi e alle tante opere d’arte in essi contenute per far emergere i tanti moduli comunicativi attraverso i quali i cristiani leccesi, nei secoli, sono stati evangelizzati e hanno espresso e comunicato la propria fede. Le stesse chiese e le tante opere d’arte che oggi, pur mirabilmente conservate e proposte, non possono e non devono restare tesoro museale ma, attraverso la loro storia e la loro bellezza, possono diventare opportunità per riappropriarci e testimoniare ai più una fede vissuta. E al contempo possono diventare paradigmi attraverso i quali declinare per i figli del nostro tempo la fede dei nostri padri. La traditio fidei della Chiesa di Lecce, il sensus fidei che sempre ne ha animato il suo collocarsi nei tempi degli uomini e delle donne non diventano quindi solo un tesoro prezioso ma diventano per il nostro oggi punto di resilienza. Di profezia.

Il luogo nel quale si è tenuta l’assemblea sinodale, la chiesa di Sant’Irene, è essa stessa “luogo profetico”. Di proprietà dell’amministrazione cittadina, collocata in una delle vie pedonali maggiormente frequentata, tempio prezioso e assai caro della tradizione religiosa dei cristiani leccesi, non ci poteva essere luogo migliore per incarnare il significato più profondo e più profeticamente autentico del nostro Cammino sinodale. Comunità che nel cuore della città risponde alla chiamata di essere missionaria nella e per la città.

È questo il Sinodo. Chiamati a comunicare la Pasqua del Signore e la fede in lui con i linguaggi degli uomini (è stato il tema dell’incontro di lunedì scorso) per generare e impegnarci a formare alla vita e alla fede nelle diverse età e collocazioni storiche (sarà l’oggetto della riflessione nella prossima assemblea di lunedì 10 febbraio). La risposta a questa chiamata non sarà affidata ai pochi ma inviterà tutta quanta la comunità, in virtù della consacrazione battesimale, a permeare e trasformare le concrete realtà umane con lo spirito del Vangelo (il terzo incontro del 17 febbraio).

 

 

 

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