Venerdì 27 settembre, dalle ore 18.00 alle ore 20.30, presso l’Aula Magna della Scuola Allievi della Guardia di Finanza di Bari, si è tenuta l’Assemblea Diocesana per l’inizio del cammino dell’Anno Pastorale dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto.
Ha relazionato S.E. Mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena Nonantola e di Carpi, vicepresidente della CEI e presidente del comitato nazionale del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia sul tema: Comunità che genera alla fede – la profezia dell’Iniziazione alla Vita Cristiana.
Di seguito il Video dell’Assemblea e l’intervento di Mons. Erio Castellucci
Comunità che genera alla fede – la profezia dell’Iniziazione alla Vita Cristiana
Iniziazione cristiana integrale e comunitaria
Molte diocesi, nel corso del Cammino sinodale, hanno scelto come priorità l’iniziazione cristiana, in Italia rivolta prevalentemente ai bambini e ai ragazzi. La maggioranza delle famiglie, nonostante la scristianizzazione, esprime fiducia nella Chiesa, inviando i loro figli a catechismo. Si registra tuttavia il disinteresse di molti genitori, la difficoltà di reperire catechisti adatti e la fatica dei catechisti ad incidere, nella pratica assenza della comunità cristiana che dovrebbe essere il soggetto fondamentale dell’annuncio. Di fatto i sacramenti sono generalmente vissuti come traguardi: tipica è la Confermazione, che anziché rito dell’invio si trasforma in rito di commiato.
Iniziazione cristiana integrale
In mezzo a queste criticità emergono però chiaramente alcune prospettive, dimostratesi già praticabili in alcune Diocesi. Il punto fondamentale è il passaggio da una proposta prettamente dottrinale a una proposta integrale. Iniziare alla fede significa non semplicemente comunicarne i contenuti, ma sperimentarla dentro alle diverse dimensioni dell’esperienza cristiana, che – secondo gli Atti degli Apostoli – sono quattro: ascolto dell’insegnamento degli apostoli, unione fraterna, frazione del pane, preghiere (cf. 2,42). Sono i quattro grandi pilastri della Chiesa, corrispondente alla presenza del Signore risorto: nell’annuncio della parola, nella comunione fraterna, nella celebrazione dei sacramenti, nella vita di preghiera. Indicendo l’anno della fede, Benedetto XVI parlava di “fede professata, celebrata, vissuta e pregata” (Motu proprio Porta fidei, 11 ottobre 2011, n. 9). Questa fu la scansione che strutturò i catechismi dell’età moderna, da quello tridentino in poi: Credo, Sacramenti, Comandamenti, Padre nostro.
Se l’iniziazione cristiana ha mantenuto questa struttura integrale, come mai nella grande maggioranza dei casi è inefficace? Infatti, oltre agli abbandoni massicci dopo la Confermazione – e in alcuni casi anche prima – sembra attivarsi una sorta di “rimozione” di quanto è stato insegnato a catechismo, per cui anche i ragazzi che restano cadono in una sorta di oblio dei contenuti della fede. Probabilmente una delle cause sta nella debolezza della proposta, che a molti appare una specie di “catechesi dell’obbligo”, ispirata alla “scuola dell’obbligo”. Le dinamiche e il linguaggio, del resto, favoriscono questa assimilazione: un’ora settimanale con libro di testo, la “classe” di catechismo, l’insegnante a volte con il registro delle presenze, il ritmo mutuato dall’anno scolastico, vacanze comprese, i sacramenti vissuto come meta finale.
Questa impostazione “teneva” nel clima della cristianità, e allora risultava anche adeguata – i più adulti tra di noi sono stati formati così – perché il contesto sociale, almeno nell’alleanza tra famiglia, scuola e parrocchia, era sostanzialmente omogeneo. Il catechismo quindi, benché dottrinale, veniva integrato spontaneamente con le altre dimensioni della vita cristiana; la preghiera si insegnava a volte anche a scuola e in famiglia; alla Messa era normale per i ragazzi partecipare e solitamente l’autorità del catechista o del parroco non era posta in questione. Ma il cambiamento d’epoca rende evidente che ora un’iniziazione dottrinale senza quel contesto (più o meno) omogeneo non incide.
Già il Documento base, Il rinnovamento della catechesi (1970), insisteva sulla dimensione esperienziale, arrivando a parlare di accoglienza della fede come di una “esperienza umana integrale” (n. 26). Aspetto ribadito nel più recente Incontriamo Gesù (2014), che intitola il cap. III sull’iniziazione di adulti e ragazzi: “Iniziare, accompagnare e sostenere l’esperienza di fede”. esperienza che respira dunque le dimensioni dell’annuncio, della celebrazione, della fraternità, della preghiera. Non solo come quattro temi da illustrare – è riduttivo presentarli come quattro sezioni del catechismo che va insegnato – ma come quattro dimensioni costitutive della fede. Di qui le proposte sinodali in ordine ad una iniziazione che innesti l’annuncio dentro ad esperienze di fraternità e ascolto reciproco (compreso l’accompagnamento spirituale), forme di servizio e di creatività (gioco, arte e “via pulchritudinis”, sport), incontro con testimoni (figure di santità o persone viventi), conoscenza di luoghi di fede e carità, celebrazione, preghiera.
Iniziazione cristiana comunitaria
E qui interviene necessariamente la seconda parola-chiave: iniziazione cristiana non solo integrale, ma anche comunitaria; anzi, comunitaria proprio per poter essere integrale. La figura del “catechista” (sia esso istituito o meno), in tal modo, non ha una delega pressoché totale per la crescita cristiana delle persone, ma svolge il servizio di coordinare la pluralità delle esperienze da proporre, coinvolgendone i rispettivi soggetti. La diffusa richiesta di strumenti e sussidi adeguati – sapendo che “prima sono i catechisti, e poi i catechismi; anzi, prima ancora, sono le comunità ecclesiali” (Il rinnovamento della catechesi, n. 200) si potrebbe incanalare non tanto nella formulazione di nuovi catechismi cartacei – che richiederebbero continui aggiornamenti – quanto, come ipotizzato anche in alcune sintesi Diocesi durante il Cammino sinodale, nell’offerta di una piattaforma digitale pensata secondo i criteri di una iniziazione cristiana integrale, dove le singole Chiese particolari possano intervenire (valorizzando la potenzialità evangelizzatrice del patrimonio artistico e della religiosità popolare, dei testimoni locali e delle esperienze spirituali significative) e dove i catechisti possano attingere per impostare i percorsi formativi, a partire dalle risorse (luoghi, esperienze, storie, persone) presenti nella comunità. I catechisti sarebbero in tal modo non gli unici detentori dell’iniziazione cristiana, ma i coordinatori e, in un certo senso, i “facilitatori” dell’incontro dei bambini/ragazzi/adulti in cammino con la comunità nelle sue diverse espressioni. La formazione alla vita cristiana può diventare in tal modo l’esperienza graduale della conoscenza e interazione con una comunità cristiana concreta, e non la semplice recezione di messaggi, per quanto belli e ben presentati.
I ritmi dell’anno catechistico, poi, pur tenendo conto dei ritmi delle famiglie e degli adulti, potrebbero essere plasmati sull’anno liturgico più che sull’anno scolastico, in modo da ricavare proprio dalla liturgia i filoni sui quali vivere esperienze di fede. In Italia, a differenza di molti altri paesi, l’anno liturgico – benché spesso svuotato del suo significato autentico – resta ancora un punto di riferimento culturale e dunque un’opportunità per potervi agganciare l’iniziazione cristiana. Sui singoli momenti dell’anno liturgico potranno essere plasmate le proposte di annuncio, incontro, attività: ad es. in Avvento l’attesa e la speranza, a Natale la relazione e il corpo, in Quaresima la sofferenza e il dono di sé, a Pasqua, la risurrezione e la vita eterna, a Pentecoste l’azione dello Spirito e i carismi e nei tempi ordinari tante altre sfumature della vita cristiana, senza dimenticare le feste di Maria e dei Santi.
Il modello catecumenale, che la Chiesa italiana ha fatto proprio nel percorso di iniziazione, diventa anche un paradigma per la formazione in generale. Oggi molti adulti battezzati riscoprono una fede viva “ricominciando”, per qualche ragione, a frequentare le comunità cristiane: come i fidanzati che si preparano al matrimonio sacramentale e scoprono climi accoglienti e propositivi; o i genitori che domandano il battesimo per i loro bimbi e incontrano, talvolta nelle case, singoli o coppie che li accompagnano; o i genitori che vengono coinvolti a diversi livelli nella catechesi o nelle tappe sacramentali dei figli; o le coppie che un tempo si chiamavano “irregolari”, alle quali – soprattutto dopo la Amoris Laetitia – si aprono cammini di incontro con la parola di Dio e talvolta anche possibilità di ripresa della vita sacramentale. Sono segnalate e si diffondono in alcune diocesi le pratiche del “Vangelo nelle case” (e simili), che collocano in un contesto domestico – e quindi per alcuni più accessibile – l’esperienza di radunarsi attorno alla Scritture. Queste e molte altre esperienze indicano cammini nuovi e comunitari di scoperta della fede cristiana e vanno modulati a seconda delle opportunità di ogni Chiesa locale.