Con queste parole l’arcivescovo di Leccemons. Angelo Raffaele Panzetta ha introdotto la celebrazione esequiale per don Rossano Santoro di fronte ai parenti, al clero diocesano e ad una chiesa di Sant’Angelo a Lecce affollata di fedeli che hanno incrociato con lui la loro esistenza.

 

 

Don Rossano appartiene ad un periodo fecondo vocazionale e a quell’anno ricco di grazia sacerdotale che donò alla Chiesa di Lecce ben sei sacerdoti. Da quel 1985, come ha sottolineato l’arcivescovo di Lecce nella sua omelia (IL TESTO INTEGRALE), il ministero di don Rossano è stato “un ministero pluriforme, l’insegnamento, l’esperienza pastorale, più comunità. In tutte le comunità ha lasciato un segno di intelligenza, di franchezza, di parresia, di fare le cose sul serio, la cura per la catechesi, la dedizione per la formazione dei laici, l’accompagnamento delle persone, soprattutto i più fragili, con quella verità evangelica che lui sapeva mediare.”

Momento di particolare commozione è stato quando mons. Panzetta ha condiviso con tutti quei due momenti che lo hanno visto accanto a don Rossano. Il primo quando, poco dopo il suo arrivo a Lecce, ha avuto modo di dialogare insieme: “Parlando con lui ho immediatamente apprezzato la franchezza, mi è parso subito uno che non usava giri di parole e che andava subito al dunque nelle questioni. Ho apprezzato anche la disponibilità che egli mostrava nei confronti della Chiesa che si è palesata in tante esperienze”. 

Il secondo è stato sul letto d’ospedale quando, da padre, da vescovo, ha dovuto aiutare e accompagnare il confratello sacerdote a prendere coscienza del particolare momento esistenziale cui stava andando incontro. “Ci siamo messi l’uno di fronte all’altro. Io mi sono seduto accanto a lui sul materasso dove era lui collocato, guardandolo negli occhi gli ho parlato. […] Lo sai, tu hai accompagnato tante persone. Però forse la cosa più bella è fare un bilancio della tua vita. In termini di lode. Come è stata la tua vita globalmente come prete, come battezzato? In questi anni hai vissuto tante cose belle”. Gli occhi si sono fatti luminosi – ha continuato l’arcivescovo – e ha detto “Sì”, “Sono stati anni belli, pieni. Anni di realizzazione”.

È stato questo un momento molto significativo per descrivere quella che è la vita di un sacerdote, con le sue gioie e le sue debolezze, specie quando si sente “un vaso di argilla, ma noi sappiamo che Dio – ha proseguito il presule – sa far fiorire anche queste cose. Anche l’argilla semplice nelle mani della grazia di Dio può diventare un capolavoro”.

Ma nonostante le fragilità, proseguendo il commento alla Parola ascoltata, secondo l’arcivescovo ci sono delle certezze che si possono sottolineare nella vita di don Rossano: la certezza della filialitàla certezza della speranza e la certezza dell’amore. 

Partendo dalla Lettera ai Romani (8,14-23) dove i credenti hanno la certezza della filialità perché possono riconoscersi “figli nel figlio, guidati dallo Spirito Santo e hanno la possibilità di chiamare Dio padre”. “Questa è una certezza inossidabile, una certezza che don Rossano ha annunciato. Tutto il suo ministero di pastore era orientato a far conoscere ai credenti la loro dignità filiale”.

Anche la certezza della speranza stata presente in tutti i giorni della vita di Rossano – ha proseguito con forza rifacendosi al Salmo 24 – Io sono certo che questa speranza, illuminata dalla luce pasquale l’ha annunciata e l’ha vissuta. L’ho vista nei suoi occhi, questa fiducia pur nel dramma e nello sconcerto, di una malattia che ti porta via la vita. Era un uomo di speranza, don Rossano.”

La terza certezza è quella dell’amore, così come viene proposto dal vangelo di Matteo (Mt 25,31-46), quasi una sorta di esame che ogni uomo nella sera della vita dovrà affrontare di fronte al Padre. Un esame – ha concluso mons. Panzetta – che bisogna prendere sul serio e questo nella vita di don Rossano è avvenuto – che nella carità cristiana, nella prossimità nella carità pastorale lui ha incontrato Gesù in tutti i poveri e in tutte le persone alle quali ha regalato un sorriso, un’attenzione, un aiuto concreto.

 

 

Racconto per immagini di Arturo Caprioli.

 

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