La voce di un figlio della Chiesa di Lecce e della nostra terra torna a farsi sentire forte e chiara nel cuore della Chiesa universale. Il cardMarcello Semeraro, originario di Monteroni e oggi prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, in un’intervista rilasciata a ‘La Stampa’ e pubblicata ieri ha affrontato il tema drammatico della guerra a Gaza e, più in generale, il ruolo della Chiesa e della diplomazia pontificia in Medio Oriente. Nel solco di Papa Francesco, «la pace – ha ricordato il porporato – è architrave anche del Magistero di Leone XIV».

 

 

 

«La Chiesa – sono le parole di Semeraro – è sia popolo di Dio sia realtà istituzionale influente su scala internazionale. Già dieci anni fa la Santa Sede ha riconosciuto lo Stato di Palestina e da allora decine di nazioni hanno seguito quella svolta diplomatica: Regno Unito, Canada, Australia sono le più recenti. Sarebbe importante e significativo che un Paese fondamentale per l’Unione Europea e il Mediterraneo come l’Italia compia un gesto lungimirante». Un passaggio che sottolinea come il riconoscimento dello Stato palestinese non sia un atto politico di parte, ma una tappa necessaria verso la costruzione di una pace stabile e giusta, fondata sul diritto internazionale e sul rispetto reciproco.

Gaza è una ferita aperta. E con grande chiarezza il porporato salentino ha descritto la tragedia in corso: «A Gaza non c’è futuro con la violenza, l’esilio forzato, la vendetta. Dio non giustifica mai la guerra. Nelle Scritture, dopo il diluvio universale, si impegna a non essere più fautore di morte. L’arcobaleno è simbolo di riconciliazione. Leone XIV semina pace nell’umanità, a cominciare dai governanti. Di fronte allo scenario drammatico che include Israele, Palestina e l’intero Medio Oriente nessuno può voltare la testa dall’altra parte. Ciascun membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale». E ancora, con accenti che suonano come un monito: «Va fermato il massacro prima che la tragedia della guerra sia voragine irreparabile». La diplomazia della Santa Sede è al lavoro. E il cardinale salentino ha poi spiegato l’impegno della Chiesa universale: «La Santa Sede mette in campo ogni strumento per far tacere le armi. Francesco, nell’ultimo messaggio urbi et orbi, deplorò il terribile conflitto che nella Striscia genera morte e distruzione, provocando una drammatica e ignobile situazione umanitaria. Con un accorato appello alle parti belligeranti: cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente che ha fame e vuole un futuro di pace». Il card. Semeraro non nasconde poi la contraddizione che attraversa lo Stato ebraico: «Israele ha bisogno e diritto di essere sicuro, ma ciò non la autorizza a impedire la sopravvivenza di un intero popolo né a cacciarlo dalla terra che abita da millenni. Legittimo e doveroso difendere i confini dal terrorismo di Hamas, ma per salvare la mia vita non posso privarti della tua. La vita umana è sacra e per garantirmi sicurezza non posso radere al suolo un territorio».

Parole che uniscono fermezza e realismo, senza mai perdere di vista la dimensione evangelica della difesa della vita umana come valore assoluto. La pace resta l’unica via. Secondo il cardinale, la pace infatti non può ridursi a una tregua momentanea: «Le vie di pacificazione richiedono il primato della ragione sulla vendetta. La pace è molto più dell’assenza di guerra, è l’unico antidoto all’odio e un impegno che dura nel tempo. Senza cessare i bombardamenti e rimuovere l’assedio nella Striscia non si può avviare alcun processo di guarigione. Né Israele potrà così salvaguardare la propria sicurezza». Un messaggio che richiama la responsabilità morale non solo dei governi, ma anche dei popoli, dei credenti, di ciascun uomo e donna di buona volontà. Semeraro ha infine ricordato che «in una società come nella comunità internazionale esiste una vera e propria architettura della pace, nella quale intervengono le varie istituzioni. Ma negli ultimi decenni tutte le guerre hanno preteso di avere una giustificazione, ricorrendo perfino alla manipolazione dell’informazione. Il bagno di sangue a Gaza lo dimostra: la pace e la stabilità internazionali non possono fondarsi su un falso senso di sicurezza né sulla minaccia di distruzione. Il male produce male. Solo l’architettura della pace potrà salvare il futuro di Gaza, di Israele e del mondo intero». È quella “pace disarmata e disarmante” invocata da Papa Prevost il giorno della sua elezione. «Una pace vera e duratura, che non si ferma ai cavilli dei contratti – sottolinea Semeraro – o ai tavoli dei compromessi umani. Il Papa chiede il rispetto dell’obbligo di tutela dei civili, il divieto di punizione collettiva, di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione. Usare il nome di Dio per giustificare guerra e terrorismo è una bestemmia. Non c’è nulla di religioso nel conflitto in corso oggi a Gaza».

Le parole del card. Marcello Semeraro risuonano oggi non solo nei palazzi della diplomazia, ma anche nelle nostre comunità parrocchiali, nelle famiglie, nei cuori di chi si interroga su come costruire concretamente la pace. È il richiamo di un figlio della nostra terra che, dalla sua responsabilità universale, invita a non rimanere spettatori passivi. Perché – come egli stesso ricorda – «nessuno può voltare la testa dall’altra parte».

clic qui per l’articolo sul sito del giornale della Diocesi