La lucida disamina del card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle cause dei santi nella prolusione (LEGGI) al convegno su “La santità di coppia”.

 

 

L’evento si è svolto alcune settimane fa nel Refettorio dei Minimi di Trinità dei Monti a Roma in occasione del decimo anniversario della canonizzazione dei coniugi francesi, Louis e Zélie Martin. L’intervento del porporato di Monteroni che ha aperto i lavori, attraversa i documenti conciliari più significativi che evidenziano come, senza l’aiuto divino, non sia possibile vivere una vita di donazione tanto impegnativa come quella familiare.

Nella luce trinitaria e cristocentrica “la carità matrimoniale dei santi sposi e genitori cristiani si mostra quale riflesso dell’amore di Dio Padre, fonte di ogni paternità e maternità, e dell’amore di Cristo Sposo, fonte di ogni sponsalità per l’uomo e per la donna”.

Prima del Concilio la dottrina sulla santificazione del matrimonio non era comune (salvo eccezioni, infatti, si considerava che il cammino di santità fosse appannaggio di chi abbandonava il mondo per dedicarsi alla vita religiosa): “Le direttive di ordine generale in materia erano”, infatti, “le due seguenti: rispettare, seguendo la ragione, i diritti e i doveri matrimoniali e conservare la vita matrimoniale in forme aderenti alle indicazioni della natura”. Ma nel post-concilio la teologia al riguardo è in evoluzione.

Sarà in particolare la Gaudium et Spes a precisare come la coppia e la famiglia siano vie per realizzare una specifica vocazione alla santità.

“D’altra parte – chiarisce Semeraro -, ogni vocazione cristiana è il dono offerto a una persona, un incontro personale, unico e irripetibile con Cristo che, nell’oggi della storia, continua a chiamare discepoli nelle diverse forme di vita e di apostolato. E fra questi, c’è la chiamata al sacramento del matrimonio ed alla vita in famiglia”.

I termini spesso utilizzati dal cardinale, trasformazione e moltiplicazione dell’amore oblativo, responsabilità, vocazione comunitaria e legame, tracciano un percorso di consapevolezza della vera vocazione alla santità in famiglia.

VALORE SACRAMENTALE DEL MATRIMONIO

“Non si può costruire – ammonisce il prefetto – una santità dei componenti della famiglia e, in primo luogo, degli sposi senza vivere la verità contenuta nell’essere famiglia e, pertanto, nel patto, o alleanza coniugale in cui essa si fonda”.

Nella Creazione vi è la risposta di verità a quelli che sono i ‘segni sacramentali’ come il matrimonio in chiesa: il patto originario dell’uomo con Dio si sostanzia nel simbolo matrimoniale.

L’immensa ricchezza di grazia che emana dalla natura sacramentale del matrimonio cristiano e l’influenza che esercita sui rapporti familiari fondati sul matrimonio sono il carattere stesso del sacramento matrimoniale.

Il valore del matrimonio deve rispettare l’ordine naturale della gerarchia dei valori: il piacere e la soddisfazione individuali sono cose buone per sé, ma non come valore ultimo, che è il bene e il fine a cui devono essere connessi e ordinati. Sono valori relativi che vanno subordinati a quello primario del bene comune della famiglia.

L’amore umano “totalmente trasformato, trasfigurato si mescola e si moltiplica con la santità dell’altro nella comune grazia del sacramento del matrimonio.. d’altra parte la santità cui tutti siamo chiamati è la perfezione della carità”.

 

SIGNIFICATIVITÀ DELLE RELAZIONI FAMILIARI

“In questa prospettiva, anche il dono dei figli va guardato non come aggiunta ma come moltiplicazione della medesima ed unica santità, nella quale Cristo si fa manifesto”.

La famiglia è relazione, non esclude nessuno dal suo nucleo, perché significherebbe ridurne parte della personalità. Basata su valori che l’attuale società di mercato ha sradicato dall’esistenza comune, la famiglia è necessaria per la società stessa: la fiducia, la condivisione, la reciprocità, l’attenzione alla persona per ciò che è (e non per quello che rappresenta o produce), la continuità di rapporti, i compiti differenziati per ogni talento per contribuire al bene di tutti. È nella famiglia che si impara, quindi, il ‘bene comune’ che è rinuncia ad una parte di sé per ottenere in cambio qualcosa di esponenziale. Il ‘bene comune’ è infatti moltiplicativo, non è risultato di una semplice somma.

“Solo un amore oblativo, un amore che si dona senza risparmio rende piena la vita di ognuno”. Si tratta di una particolare dinamica di mutualità, che si evolve in una forma di santità comunionale: le singole identità si fondono con le altre nella capacità più profonda di dono e scambio che crea una nuova identità di famiglia. Non si tratta di sommare identità diverse, ma di comporle in una nuova relazione. 

SANTIFICAZIONE DEL MATRIMONIO   

La natura sui generis del contratto matrimoniale è determinata da quell’amore incondizionato tra i suoi membri, che sfugge a qualsiasi incasellamento giuridico. La indissolubilità dell’unione è conseguenza della scelta responsabile legata ad un progetto di valore. Questo si può realizzare quando alla radice c’è un profondo ideale, che si arriva a scoprire solo alla luce di Dio. 

“La vita matrimoniale – conclude Semeraro – è, per sua natura, un ‘cammino fatto insieme’. Ma perché questo cammino non si esaurisca nella semplice convivenza, ma in un fatto cristiano ha bisogno che il legame di questo insieme nel cammino sia la persona di Cristo. È questo legame che fonda santità coniugale e familiare”.

Dalle parole del cardinale emerge chiaramente come, nel modello cristiano, il segreto della grandezza dell’uomo sta nella qualità della relazione. Quanto più l’uomo si relaziona con gli altri uomini, tanto più cresce in umanità; quando però si relaziona con Dio, l’uomo raggiunge l’apice.

 

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