In una chiesa gremita per la presenza di parrocchiani, di una folta rappresentanza di fedeli provenienti da Squinzano, di numerosi sacerdoti diocesani, di ministranti e diaconi, martedì sera si è svolta la solenne celebrazione per il 25mo anniversario di ordinazione sacerdotale del parroco di San Sabino, don Sandro Quarta, presieduta dall’Arcivescovo di Lecce, mons. Angelo Raffaele Panzetta e concelebrata dal vescovo Luigi Pezzuto.
Dopo un triduo intenso, in cui la liturgia è stata allietata dalla catechesi di don Alessandro Saponaro, che ha sottolineato l’importanza del rapporto tra sacerdote e comunità, rivolgendo un ringraziamento davanti al Signore, con il Signore e per il Signore e per condividere l’essere chiesa in cammino nel tempo, nello spazio e nelle vicende del vissuto quotidiano; di don Antonio Montinaro, che ha sceverato la differenza tra sacerdozio ministeriale e quello battesimale, ma entrambi, citando Sant’Ignazio di Antiochia, “coro concorde ed armonico che canta Gesù Cristo”; di mons. Giovanni Intini, vescovo della diocesi di Brindisi-Ostuni, che, citando don Tonino Bello, ha detto: “Il pastore deve essere davanti al suo popolo, in mezzo al popolo, dietro al suo popolo”.
Venuto per la prima volta presso la comunità di San Sabino, l’arcivescovo ha rammentato il compimento dei suoi 25 anni di sacerdozio nel 2018. “Far meglio e fare di più” è stato il consiglio del vescovo che lo ha ordinato, che ha aggiunto “Più sarai spremuto come una spugna, più diventerai un dono. Non dimenticare di essere discepolo: dovrai crescere anche nel discepolato in proporzione alle più onerose responsabilità camminando sulle orme di Gesù”. 25 anni sono una tappa importante, è un momento di bilancio. Guardandosi indietro si sono conosciute tante cose, esperienze, per questo si nutre tanta gratitudine verso Dio, ma guardando il presente nella direzione del futuro bisogna moltiplicare l’attenzione e così, anche nei successivi giubilei per essere sempre più simili a Gesù, buon Pastore. Bisogna affidarsi alla Parola e, ha detto Panzetta, “questa sera la luce viene dalla Parola che abbiamo ascoltato: la chiamata degli Apostoli. Indicazioni preziose per chi è chiamato al ministero apostolico.
Infatti, ogni vocazione nasce dall’alto. Gesù prima di sceglierli ha pregato il Padre e subito dopo ha chiamato i suoi. Chi, quindi, è scelto per il ministero lo è nel dialogo eterno tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il documento ‘Pastores dabo vobis’ inizia ricordando che il grembo della vocazione al sacerdozio è trinitario. Ci riempie di gioia sapere che Dio si sia ricordato di noi, scommettendo su noi, non per le nostre qualità, perché Egli chiama gli ultimi, non i migliori degli altri, siamo uomini come tutti. Dio scommette sulla nostra miseria, perché essa, impastata dalla grazia di Dio, diventa un capolavoro meraviglioso”.
Il primo dinamismo di ogni vocazione: non si ha niente da dare quando manca la comunione con il Signore. Occorre vivere nella verità, nella grazia, sentendo la nuzialità con il Risorto, stando con Lui: questo è il segreto della vita sacerdotale riuscita, di aprire il cuore a tutti nella missione. “Nel brano del Vangelo odierno – ha spiegato il Presule – Gesù distingue i discepoli dalla folla, coloro che lo hanno seriamente seguito dalla massa dei curiosi, che cercano un senso, una guarigione, in qualche difficoltà. Nel nostro ministero dobbiamo prenderci cura di tutti, sia di chi ha già compiuto una scelta cristologica sia di chi viene da Gesù come un sacro magico ed ha bisogno di una tangenza con il mistero, di un aiuto, di un sostegno nella vita”. È compito del sacerdote trasformarli in gruppo di seguaci, trasformare la massa in popolo di Dio, la folla in discepoli convinti. Perché a contatto con Lui sperimentano nella loro esistenza una guarigione, la salvezza, un nuovo modo per affrontare la vita. E, dunque, compito del sacerdote è essere tangenza di Cristo, accompagnare le persone al Signore. Qui c’è tutta la bellezza e la grandezza del ministero. Ma anche nella vocazione più bella si può tradire il Signore e, quindi, questi passaggi della vita servono a rinnovare l’opzione fondamentale di camminare sulle orme di Cristo.
“Nella prima lettura – ha proseguito Panzetta – si nota che i cristiani di Colosso hanno fatto una sorta di sincretismo religioso: credono in Gesù, ma anche in forze cosmiche che comandano la vita umana. San Paolo afferma il primato di Cristo e la sua parola è attuale: c’è chi legge gli oroscopi come se ci fossero forze cosmiche capaci di condizionarci. I cristiani, invece, in forza del Battesimo, camminano con Gesù, costruiti in Lui e colmi di gratitudine. Il mistero di Cristo dà dinamismo alla vita, ma anche stabilità come roccia, riferimento che ci sostiene ed energia che ci spinge”.
Inoltre, il cristiano deve sovrabbondare nel rendimento di grazie. Ogni giornata inizi e finisca nell’azione di grazie. “Tu, don Sandro sii un presbitero continuamente dinamizzato dal Vangelo, dall’Eucarestia, dai sacramenti. Sant’Alfonzo Maria dei Liguori parla della memoria curata del Redentore, perché, ricordando ciò che Gesù ha fatto per noi, possiamo trovare la forza per quello che occorre fare. Questo il mio augurio: sii un prete costruito sul mistero di Cristo, dinamizzato dall’amore di Cristo, con il cuore colmo di gratitudine per le ricchezze che Dio ha seminato nella tua vita e continuamente semina. Non ti manchi la grazia, la forza, la salute, la pazienza. Amen”.
A conclusione della serata, don Sandro ha espresso la sua riconoscenza e affetto all’Arcivescovo ed ai convenuti, con i quali ha condiviso un’agape fraterna.
Photogallery di Francesco Lo Deserto e Stefano Belfiore.






