Altro che Woodstock… Eravamo oltre un milione a Tor Vergata, e in quel milione c’eravamo noi, 170 giovani dai 14 ai 30 anni, che da Lecce abbiamo vissuto un pellegrinaggio di vita che difficilmente dimenticheremo (GUARDA).

 

 

Questo è il sentimento comune nei cuori di questi ragazzi e queste ragazze salentini che hanno vissuto la grande avventura e l’immenso cammino del Giubileo dei giovani a Roma, a Tor Vergata, 25 anni dopo quella Gmg del grande Giubileo del 2000 con San Giovanni Paolo II che sembrava aver lasciato in quella spianata ancora uno respiro di grande fede e storia. 

Ma in ognuno di loro sono state infinite e uniche le emozioni vissute da L’Aquila a Roma lungo il cammino, dentro le fatiche, tra le gioie e le speranze di un momento così forte e intenso. Emozioni che durante il viaggio di ritorno hanno preso il sopravvento e che hanno voluto condividere con spontaneità e semplicità.

Maria Luisa Rizzo, 17 anni, della parrocchia Maria SS. Assunta in Trepuzzi, ha detto ancora con l’emozione negli occhi: “È stata un’esperienza estremamente intensa e profonda, che mi ha donato molto e che mi ha cambiata significativamente: tra i migliaia di pellegrini, mi sono sentita piccola, quasi invisibile, ma al contempo ho chiaramente percepito di essere parte di qualcosa di immenso, che mi ha lasciato un senso di totale pienezza nel cuore e di grande gioia nell’animo”. 

Martina Stella, anche lei di 17 anni, della parrocchia Maria SS. Assunta in Torchiarolo, ha riassunto la sua esperienza in tre parole “Fedegioiafratellanza. Un Giubileo così può davvero cambiare il modo di vivere la nostra vita e di vedere il mondo. Non basta raccontarla, per capirla bisogna viverla, toccando con mano la fede e l’entusiasmo di tutti i giovani, che diventano incarnazione della speranza! Questi giorni così intensi rimarranno sempre un punto di riferimento nella mia vita e cercherò di portare a più persone possibili la bellezza della fede e dall’amore che ho percepito”. 

Alessandra Pinto, la responsabile dei giovani della parrocchia di San Giovanni Bosco in San Pietro Vernotico, 25 anni, ha voluto ricordare i momenti che l’hanno emozionata di più: “Ho avuto l’opportunità di vivere, insieme ad altri quattro giovani leccesi, la professione di fede dei giovani italiani presieduta dal card. Matteo Zuppi proprio sul sagrato di San Pietro. È stata un’emozione unica, difficile da descrivere a parole. Guardare dall’alto e vedere tutti i giovani italiani raccolti insieme, uniti, pieni di vita e di fede. Un colpo d’occhio che mi ha colpito dentro, un’immagine che porterò dentro per sempre. Una frase che mi è rimasta impressa? ‘Trovate qualcosa che vi riempia il cuore e dedicategli la vita’. E io credo che la fede sia qualcosa che riempie la nostra vita costantemente, anche nelle relazioni con gli altri, come ha detto il nostro vescovo Angelo Raffaele Panzetta in una catechesi. ‘La nostra vita è intessuta di relazioni. Se togliessimo le relazioni dalla nostra vita, perderemmo tutto. La nostra vita è una ragnatela di relazioni. Le relazioni umane sono importanti e quando sono abitate da Dio sono un capolavoro’. Il secondo momento è stato durante la veglia a Tor Vergata. Vedere un milione di giovani pregare insieme, all’unisono, è stato qualcosa di profondamente emozionante. Ma ciò che ha toccato il cuore ancora di più è stato il silenzio: quel silenzio assoluto, carico di fede, in cui migliaia e migliaia di giovani erano raccolti, uniti da un’unica speranza, da un’unica preghiera”.

“Nonostante le fatiche del caldo e del maltempo, sono rimasta colpita dalla grinta che i ragazzi si sono trasmessi uno con l’altro per farsi coraggio – ha affermato con forza Chiara, 31 anni, della parrocchia Spirito Santo in Lequile -. I canti che hanno intonato lungo i tragitti trasmettevano proprio quella speranza che siamo chiamati a portare alta. Perché la vita è come una montagna da scalare, faticosa talvolta, ma il panorama è mozzafiato. E con la giusta compagnia diventa meraviglioso”.

Irene, 22 anni, dalla parrocchia Madonna della Fiducia in Giorgilorio ha raccontato: “Ci siamo messi in cammino al fianco di tanti giovani pellegrini come noi, tra zaini pieni di speranza e cuori pieni di sogni, abbiamo vissuto ogni momento, sapendo che la fatica era ricompensata dal calore ricevuto dai nostri nuovi amici”.

Giovanni Paolo Cataldi, 20 anni, di Squinzano dalla parrocchia San Nicola di Myra ha ammesso che “Dopo l’intensa esperienza della Giornata mondiale della gioventù di Lisbona, anche il Giubileo dei giovani si è rivelato un momento straordinario di gioia, fraternità e, soprattutto, di fede autentica, visibile in modo tangibile in ciascuno di noi e in ogni giovane incontrato lungo il cammino. La presenza paterna del nostro caro arcivescovo ha reso questa esperienza ancora più profonda e significativa. Con il suo sorriso e il costante invito a non scoraggiarci, ripetendoci sempre ‘coraggio!’ nei momenti più impegnativi, è stato per me un punto di riferimento essenziale per vivere ogni attimo con intensità spirituale. Accanto a lui, il direttore della pastorale giovanile, don Salvatore Corvino, ci ha accompagnati con discrezione e dedizione nel passaggio attraverso la Porta Santa, guidandoci con fede sincera e una costante disponibilità all’ascolto, al dialogo e al conforto. È stata un’esperienza unica, carica di significato, che custodirò nel cuore come un dono prezioso di Dio”.

Anche le emozioni di due giovani seminaristi della diocesi di Lecce si sono aggiunte nel cammino della speranza. Enrico De Leo, 24 anni, della parrocchia Maria Ss. Ausiliatrice in Monteroni l’ha raccontata così: “Speranza, una parola che in questi giorni non è stata solo uno slogan ma è diventata volti, emozioni, preghiera, condivisione, gioia e tanto stupore. Per me l’occasione di alimentare l’entusiasmo nel vedere che la nostra Chiesa è piena di giovane vita da custodire e di speranze da coltivare”. 

E anche Lorenzo Metrangolo, 21 anni, della chiesa madre di Novoli, ha affermato con gioia “Sì! Posso dire davvero di averlo incontrato, nei volti e negli occhi, nelle storie ferite cariche di attesa, nelle lacrime sospese celate da sorrisi e abbracci. Si l’ho incontrato quel Dio così lontano e così tanto umano in quei miei coetanei che, come me, hanno deciso di vivere questa esperienza giubilare. È stato bello per me vivere questi giorni ‘gratis’ così come il nostro vescovo ci ha esortato a viverli. Giorni in cui cielo e terra si sono uniti in un unico cuore in un unico battito, in un unico desiderio, quello di incontrarsi, e da parte nostra con Dio e da parte di Dio verso di noi. Giorni vissuti nell’amicizia trasparente semplice e contagiosa alla scoperta di una Chiesa universale che accoglie e ama tutti”.

Ma non c’erano solo ragazze e ragazze in questa avventura di fede e speranza, perché anche alcuni adulti volenterosi e appassionato della gioventù hanno deciso di accompagnare i loro giovani per poter dare una mano nel lungo cammino e nel pellegrinaggio che sicuramente ha fatto riscoprire anche loro uno spirito fresco e giovanile. Marilena e Stefano, adulti accompagnatori della parrocchia Maria SS. Assunta di Torchiarolo hanno ancora negli occhi e nel cuore i momenti unici del 2000 e “dopo 25 anni, è stata un’emozione indescrivibile condividere con i giovani questa santa esperienza giubilare – hanno dichiarato con emozione – nel segno della speranza e della gioia vera. I giovani sono la più grande speranza per il futuro della Chiesa e della società che verrà. Li porteremo sempre nel cuore e continueremo a pregare per loro”.

Il grazie più grande di tutti questi giovani pellegrini di speranza è andato però con grandissimo affetto a tutti i sacerdoti che li hanno accompagnati come fratelli maggiori, guide sicure e attente che, con la guida più significativa del vescovo Panzetta, che è stato padre di questa piccola grande famiglia in cammino, hanno unito all’unisono le loro emozioni con orgoglio e soddisfazione, come si evince, ad esempio, dalle parole di don Antonio Bruno, parroco della Santa Famiglia in Trepuzzi: “Rivivo un grande evento della Chiesa dopo 17 anni. A Sidney mi dissi: ‘Questa Gmg è l’ultima!’. Da boomer, ormai irreversibile, mi rimetto in gioco trasportato dal vento giovane della Chiesa che, al suo terzo millennio di vita, fa sfoggio della sua eterna giovinezza, ‘senza macchia né ruga o alcunché di simile ma santa e immacolata’. Anche stavolta sono stato travolto dallo stesso entusiasmo, bellezza e santità che vincono la fatica con la forza della fede in Gesù e nutrendosi di tanti, ma davvero tanti ‘panini della speranza’ per dirla insieme al nostro vescovo. E una domanda mi porto dentro: non sarà che questi ragazzi insegneranno a noi più datati un nuovo modo di vivere l’incontro con Gesù? Forse mi sfugge qualcosa”.

Conclude con emozione don Salvatore Corvino, direttore del Servizio di pastorale giovanile della diocesi di Lecce, che ha riassunto l’esperienza con tre parole: gratitudinevitalitàfuturo. “Gratitudine per tutto ciò che il Signore ci ha donato di vivere e per la disponibilità con cui l’abbiamo accolto. Vitalità: ho negli occhi l’immagine dei nostri ragazzi visti dal sagrato di San Pietro, erano bellissimi ed erano parte di una Chiesa viva ed entusiasta. E infine, futuro: la speranza, ci siamo detti, è un passo positivo con uno sguardo al futuro e mi porto anche questo nel cuore. La mente ha cominciato a viaggiare tra desideri e sogni di condivisione di fede tra noi. In queste tre parole rivedo i loro volti, dei ragazzi, degli adulti che con silenzio e generosità li hanno accompagnati e aiutati, dei seminaristi che camminano verso il sacerdozio, dei miei confratelli sacerdoti con cui abbiamo confermato la nostra consapevolezza che non siamo preti per noi stessi, ma per gli altri e anche del nostro padre vescovo, presenza “ordinaria”, uno di noi, certamente il di più di questa esperienza, l’abbiamo vissuto come uno di noi”.

 

 

 

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