Ha salutato la vita terrena lasciando in dono parole di vita e gratitudine. Don Rossano Santoro, che per anni ha lottato con forza e fede contro una grave malattia, ha trasformato la sua sofferenza in preghiera, consegnando un testamento spirituale che oggi commuove e illumina.

 

 

 

“In tutte le comunità ha lasciato un segno di intelligenza, di franchezza, di parresia, di fare le cose sul serio, la cura per la catechesi, la dedizione per la formazione dei laici, l’accompagnamento delle persone, soprattutto i più fragili, con quella verità evangelica che lui sapeva mediare”, ha ricordato l’arcivescevo Angelo Raffaele Panzetta nell’omelia dei funerali (LEGGI L’ARTICOLO). 

Uomo di preghiera e di parola, don Rossano aveva l’abitudine di scrivere testi di meditazione e ringraziamento, che diffondeva nelle liturgie e tra i fedeli sia quando era parroco di Santa Lucia a Surbo, dove la sua missione conclusa nel 2022 è durata 25 anni, che nel suo ultimo tratto di vita terrena come rettore della chiesa di Sant’Angelo, nel centro di Lecce. Quelle pagine, che saranno presto raccolte e pubblicate, restano oggi come un’eredità spirituale che continua a parlare. Tra i suoi scritti, spicca una preghiera composta più di un anno fa e datata 27 luglio 2024: un testo (LA VERSIONE INTEGRALE IN FONDO) che appare oggi come il suo testamento spirituale, intriso di fede e gratitudine. “Grazie, immensamente grazie, mio Dio. Grazie per la vita che sento pulsare nelle vene, per il dono di questo giorno, che supera i miei sogni e le mie aspettative”, scriveva don Rossano, affidando a Dio la sua lode per la vita nonostante la sofferenza. In quelle righe emerge la sua capacità di leggere anche nella malattia un dono, difficile ma fecondo: “Grazie per il dono della malattia, un’esperienza dura, una realtà difficile da accettare, ma che mi ha permesso di toccare con mano la fragilità e la precarietà della vita, liberandomi da tante illusioni”.

Lo sguardo del sacerdote si apriva a un’esperienza più profonda di fede, in cui tutto diventa segno della presenza di Dio: “Ora guardo tutto con occhi diversi: quello che ho e che sono non mi appartiene, è un tuo dono; ho scoperto che cosa vuol dire dipendere, aver bisogno di tutto e di tutti, non poter fare nulla da solo”. La sua preghiera si fa anche riflessione sulla relazione con gli altri, riconoscendo come ogni incontro, anche il più difficile, possa essere occasione di crescita e di perdono: “Grazie per coloro che incontro sul mio cammino, quelli che mi sorridono e mi stimano, quelli che mi pongono difficoltà e mi fanno crescere, quelli che mi ignorano o sfogano le loro frustrazioni su di me, e mi aiutano a vivere la compassione e il perdono”. Infine, un affidamento totale al mistero di Dio: “Signore, facci comprendere, profondamente, il mistero della vita. Facci apprezzare il suo valore, nella gioia, ma anche nel dolore e nelle sofferenze, donandoci fiducia, pazienza e coraggio”.

E, come un sigillo, la gratitudine che abbraccia ogni cosa: “Grazie per la bellezza dei colori che mi circonda, per il pensiero che si rigenera nella fantasia, per i progetti e le cose belle, che realizzo insieme con Te. Grazie, mio Dio, perché, ancora una volta, mi hai regalato la vita!”. Parole semplici e potenti che oggi risuonano come un lascito prezioso per chi ha conosciuto don Rossano, per chi continuerà a leggere le sue preghiere e seguire il suo esempio di vita.

 

 

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