Sono terminate le giornate di formazione, fraternità, lavoro e meditazione e il secondo gruppo del presbiterio diocesano ha vissuto insieme all’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta a Matera.

 

 

Nella mattinata, dopo la preghiera delle lodi e la colazione, la relazione è stata tenuta da don Francesco Asti, preside della Facoltà teologica dell’Italia meridionale, appartenente al clero di Napoli, il quale ha trattato il tema della spiritualità del presbitero, parlando al cuore dei presenti, proprio come un parroco, a partire dalle sue esperienze di vita a servizio del seminario e della parrocchia.

Ancora una volta, si sono svolti i gruppi di conversazione nello spirito, che si sono rivelati una vera e propria formula vincente di riflessione, discussione e fraternità. Al termine dei lavori e del confronto con il relatore, l’arcivescovo ha voluto concludere queste giornate esprimendo la gratitudine a tutti i convenuti e invitando ad amare e a riscoprire sempre di più le occasioni di presbiterio che servono a crescere, amarsi di più, avendo anche un unico grande orientamento ecclesiale. Il presule ha espresso il desiderio di voler continuare queste riflessioni che diventano delle vere e proprie piste pastorali a partire dall’incontro con gli organi diocesani e da un’assemblea del clero. La novità di quest’anno è che il clero giovane vivrà dei momenti di fraternità e formazione a livello metropolitano.

A colazione e a pranzo è stato presente il nuovo arcivescovo di Matera-Irsina e Tricarico, mons. Benoni Ambarus, nominato per la chiesa materana, lo stesso giorno di mons. Panzetta. Dopo il pranzo si è fatto rientro a Lecce.

“L’esperienza di aggiornamento vissuta a Matera – sottolinea don Cosimo Marullo -, ci ha permesso di vivere non solo un’esperienza formativa, ma anche e soprattutto un momento di vera fraternità e condivisione, dove l’altro è stato un compagno prezioso e fonte di arricchimento umano e spirituale. L’esperienza della conversazione nello spirito, ci ha permesso di aprire in maniera autentica, la pentola della vita di ciascuno, nella semplicità e nella verità. Da qui vogliamo ripartire con il desiderio che ciò che abbiamo vissuto in questi giorni non sia solo una parentesi ma possa diventare l’ordinarietà, sapendo di poter contare sui confratelli, per poter crescere insieme come uomini, fratelli, preti e cristiani credenti e credibili”.

“Questi giorni – aggiunge don Gabriele Morello -, oltre ad essere stati formativi e di riflessione, ci hanno permesso di gustare la bellezza del sentirsi fratelli. La ricchezza delle riflessioni dei relatori ci ha fatto comprendere l’importanza di essere preti capaci di accogliere, ascoltare e versare il balsamo della misericordia, non soltanto ai fedeli, ma tra di noi, vivendo un’autentica fraternità presbiterale. La stima reciproca, la carità e la conoscenza, sono frutti della fede, ma soprattutto di un cammino sinodale, che come presbiterio siamo chiamati a vivere in pienezza. Accompagnati dal nostro arcivescovo, nei momenti di lavoro nei gruppi e nel tempo di svago delle visite alle città vicine, abbiamo respirato la grazia vera del ministero e la bellezza di sentirsi una grande famiglia. Con il proposito di fortificarci e crescere nella comunione, siamo rientrati nelle nostre comunità parrocchiali, carichi di gioia e speranza per questo tempo nuovo che il Signore ha pensato per la nostra Chiesa di Lecce”.

“La fraternità non è, propriamente, un argomento da discutere, ma una grazia da accogliere: si tratta infatti del dono di essere generati dallo stesso Padre, vivi per il dono del medesimo Spirito, in analogia con la fraternità secondo la carne e il sangue. Questo pensiero di mons. Delpini del 2019 – osserva mons. Luigi Manca -, penso, si sia realizzato anche nell’esperienza di formazione permanente, appena terminata. È un grande dono ricevuto dal Signore Gesù e nello stesso tempo un grande dono che ci siamo fatto noi presbiteri l’un l’altro. In particolare, questo dono si concretizza nell’aver potuto insieme intravedere l’orizzonte pastorale entro il quale il Signore chiede alla Chiesa di Lecce di entrare e lavorare come suoi pastori. Da soli riusciamo appena a vedere un po’ oltre il nostro naso, dove ci sono urgenze, attivismo o inerzia”. 

“È bello ricordare – conclude don Gigi – che la formazione permanente non è altro che mettere in pratica quanto l’apostolo Paolo raccomanda a Timoteo: Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te (1Tm 1,6). Quel ravvivare non è solo un compito affidato alla responsabilità individuale ma è l’effetto di un dinamismo della grazia divina intrinseca al ministero esercitato nella comunione. È precisamente questo dono che sento di aver ricevuto da questa esperienza che avrà una continuità”.

Infine il pensiero di don Gerardo Ippolito: “È stata una esperienza forte di comunione tra noi sacerdoti. Abbiamo parlato della società odierna con cui ci confrontiamo ogni giorno, dello sforzo della Chiesa che attraverso il Sinodo vuole presentare una esperienza di unità di cui si avverte tanto il bisogno, ma soprattutto abbiamo sperimentato che noi sacerdoti non siamo operai del sacro, ma fratelli che si vogliono bene come Gesù ci ha insegnato”.

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